Quel «rinascimento» affondato nel degrado

L’amministrazione Jervolino nasce il 27 maggio 2001. L’ex titolare del Viminale la spunta su Antonio Martusciello, con il 52,9 per cento dei voti al ballottaggio. Inizia un mandato segnato più dai contrasti che dai risultati, da 52 sedute su 188 sciolte per mancanza di consilieri (con il leader dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio come principe dell’assenteismo). E da 22.766 delibere approvate ma rimaste il più delle volte linee di indirizzo inscritte nel libro dei buoni propositi.
Quasi alla scadenza dei cinque anni il quadro di degrado e di abbandono è a dir poco desolante. La raccolta differenziata è ferma al dieci per cento rispetto all’obiettivo del 35 per cento nel 2001. Tre milioni di tonnellate di ecoballe sono disseminate sul territorio. Le strade sono colme di immondizia e la gestione del commissariato rifiuti ha acuito le difficoltà. Nei metrò piove sulle opere d’arte contemporanea.
E la famosa bonifica di Bagnoli che, negli annunci del presidente della Regione Campania Antonio Sassolino, doveva terminare entro il 2000, esiste soltanto nelle delibere. Lo scandalo degli stipendi gonfiati, scoppiato nel settembre 2001, è ancora lontano dall’essere chiarito.


Mentre il sogno cullato da marzo a novembre 2003 dell’America’s Cup si infrange sulle troppe incognite che l’amministrazione comunale non ha saputo fugare agli occhi degli organizzatori. Napoli, insomma, resta una nave alla deriva, di nuovo alla ricerca di un timoniere dopo il canto del cigno di Rosa Russo Jervolino.

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