«Quelle armi proteggono anche l’Italia»

«Il vostro premier non deve irritarsi se il nostro presidente a Roma incontrerà Berlusconi: non è proibito rivedere un vecchio amico»

da Roma

«I rapporti fra Italia e Stati Uniti sono molto buoni, sono relazioni storiche fatte di legami molto stretti. Certo, quando i governi cambiano, cambiano anche le relazioni personali fra i leader; ma sono certo che il presidente Bush vuole avere un buon rapporto con Romano Prodi. E spero che il primo ministro italiano non si arrabbi perché Bush incontrerà anche Silvio Berlusconi: sono amici personali. Si può andare a trovare un amico, no?». John Bolton è stato fino al dicembre 2006 ambasciatore americano presso le Nazioni Unite, culmine di una lunga carriera sotto le amministrazioni Reagan e dei Bush, padre e figlio. Un «falco» si è detto spesso, ma con una vastissima esperienza diplomatica. In questi giorni Bolton è a Roma, in concomitanza con la visita del presidente americano, per partecipare al convegno della fondazione Magna Carta sulle relazioni transatlantiche. Al Giornale, che lo incontra nella sede della fondazione in uno splendido palazzo della Roma barocca, Bolton rivela il titolo del suo prossimo libro, che uscirà in novembre: «The surrender is not an option», «La resa non è un’opzione». Un titolo che rende l’idea.
Ambasciatore Bolton, nei prossimi giorni il presidente Bush incontrerà Romano Prodi. È il primo incontro diretto dopo il ritiro delle truppe italiane dall’Irak. A suo avviso quali temi saranno al centro delle discussioni?
«Sono certo che Bush parlerà con Prodi del pericolo iraniano, della capacità di produrre armi nucleari che Teheran sta perseguendo. Questo è un argomento sensibile anche per l’Italia. Si parlerà anche del futuro dell’Irak. Su questo argomento bisogna essere realistici: le truppe italiane sono state ritirate, ma non bisogna scordare che c’è stato un contributo del vostro Paese per ristabilire la democrazia in Irak, e che la presenza militare italiana può essere sostituita con una presenza in altri campi. L’Afghanistan, dove i militari italiani sono presenti, è un successo della Nato. Si è dimostrato che l’alleanza ha un ruolo anche in questi nuovi scenari internazionali».
I movimenti pacifisti, e non solo, stanno aspettando a Roma l’arrivo del presidente Bush per inscenare una serie di proteste.
«Rispetto la visione dei pacifisti, in Italia e negli Stati Uniti. È una visione candida, un lusso che si possono permettere coloro i quali vivono in Paesi ricchi e ben difesi. Per gli altri, il pacifismo è un lusso che non si possono permettere. Di sicuro è un lusso per gli Usa, che hanno un ruolo globale e affrontano problemi globali. Chi protesta ha il diritto di farlo, ma deve ricordare che può manifestare perché è protetto dai soldati italiani e americani. Questa è, a mio avviso, la questione cruciale».
Un nuovo fronte di confronto è quello che si sta aprendo sullo scudo missilistico europeo. Molti, in Italia, dicono: non ne abbiamo bisogno. Il ministro degli Esteri Massimo D’Alema ha definito «irrituali» i negoziati bilaterali fra Usa e Polonia e Repubblica Ceca per l’installazione dei missili.
«Bisogna capire bene di che cosa si tratta. Non sono le guerre stellari di Ronald Reagan, ma un sistema difensivo per proteggerci da possibili futuri attacchi di Paesi come l’Iran e la Corea del Nord, che hanno programmi missilistici in sviluppo. Vogliamo essere pronti in anticipo, non all’ultimo momento. E il posizionamento delle rampe in Polonia e in Repubblica Ceca corrisponde ad esigenze operative e balistiche. Vorrei poi ricordare che ne stiamo discutendo da sette anni con il presidente Vladimir Putin: io stesso ho partecipato personalmente ai colloqui nel 2001. Il presidente Putin aveva capito bene di che cosa si tratta, forse non l’hanno capito alcuni dei suoi generali. Sono ancora nella logica della Guerra fredda. Vorrei aggiungere che il sistema missilistico protegge anche l’Europa: se il ministro D’Alema non vuole essere protetto, allora lo dica».
Bush incontrerà anche Papa Benedetto e l’ex premier Silvio Berlusconi. Come vanno i rapporti Usa-Vaticano? E non c’è il rischio che il premier italiano si possa risentire per un incontro privato che potrebbe oscurare, dal punto di vista mediatico, quello ufficiale?
«Il presidente Bush è un uomo di fede profonda, e ha molto rispetto per l’autorità morale del Papa.

Durante la controversia sulla guerra in Irak la diplomazia americana ha fatto grandi sforzi per informare il Papa: io stesso sono venuto a Roma diverse volte per incontri alla segreteria di Stato, e sono certo che si sta costruendo il dialogo. Quanto all’incontro con Berlusconi, spero che Prodi non si arrabbi: è proibito al presidente vedere un amico?».

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