Caro Granzotto, strappa un sorriso lidea di istituire la Giornata mondiale della Lentezza. Lo scopo sarebbe contrastare i ritmi sempre più frenetici e di riflettere sulle conseguenze di uno stile di vita sempre più indirizzato verso la velocità. A questa frenesia, che tanto sarebbe piaciuta ai Futuristi, fa da contraltare la lentezza esasperante di molti aspetti della vita quotidiana: la corrispondenza recapitata quando non ha più senso riceverla, i treni dei pendolari che viaggiano con ritardi da diligenze dei film western, processi celebrati quando gli imputati sono passati a miglior vita, esami ospedalieri fissati dopo laggravarsi dei sintomi che li avevano motivati, infrastrutture realizzate quando ormai si rivelano inadeguate rispetto alle esigenze, nel frattempo mutate, che avevano determinato la loro progettazione. A quando la Giornata della Puntualità?
Monfalcone (Gorizia)
Bé, almeno Lei la prende con buonumore, caro Luglio. A me lidea della Giornata della Lentezza fa digrignare i denti, caso mai. Quel poco di velocità che cè la considero infatti una mano santa. Sono entusiasta della Tav e della possibilità di spostarmi, sebbene nelle poche tratte servite dai convogli ad alta velocità, a ritmi che non sono più quelli in cui «ansimando fuggì la vaporiera». Sono entusiasta della velocità di connessione in Rete del computer e anzi, la vorrei ancor più spedita. Una volta, quandero giramondo, feci un volo col Concorde e fu una bellezza landare da Parigi a New York il tempo di leggermi un paio di quotidiani. La lentezza, al contrario, mi esaspera. Quando poi si fonde con lozio, peggio ancora. Lei, caro Luglio, nellelencare esempi di lentezza deprecabile ha ricordato la posta che va a passo di lumaca, i treni Tbv con i loro sempiterni ritardi, i processi che terminano anche ventanni dopo, gli esami medici che conviene prenotarseli da neonati per esser sicuri di poterli fare in età avanzata, ospedali, tratti stradali e altro di infrastrutturale i cui tempi di realizzazione sono ritmati sulle calende greche. Io ci aggiungo la burocrazia, con la quale abbiamo prima o poi, ma quasi sempre prima, a che fare. Le code davanti agli sportelli, quattro quinti dei quali sono perennemente, chissà perché, «non operativi». Ci aggiungo i numeri verdi che prima con musichette varie, poi obbligandoti a una febbrile digitazione e quindi scusandosi per lattesa resti in linea per non perdere la priorità acquisita, ti tengono incollato al telefono per delle eternità. Cosa dire, infine, della deplorevole lentezza del traffico automobilistico, specie cittadino? La nostra vita è condizionata dalle lungaggini, altro che dalla velocità, come quei pifferai ideatori della Giornata della lentezza vorrebbero dar a intendere. Quali sarebbero questi «ritmi frenetici» che toglierebbero il fiato alla società? Può capitare, chi lo nega?, che nella routine quotidiana - alla quale in omaggio alle mode va doverosamente aggiunta lora in palestra o lo sgambettamento o il massaggio ayurvedico - si possa aggiungere il dentista, il salto dal notaio per fare testamento o in banca per ritirare il libretto degli assegni. Mettiamoci pure un obbligo sociale, che so, la presentazione di un libro o linaugurazione di una kebabberia. In tal caso, una certa freneticità di azione la si può anche ammettere. Ma è forse la regola? E, sopra tutto, è forse il comportamento comune allinsieme della società? Epperò alla lentezza gli hanno perfino dedicata una giornata (mondiale!), come quella della mamma, come quella degli innamorati. Finirà, cè da scommetterci, che già cooptata dal politicamente corretto e pertanto molto in auge tra i «sinceri democratici», battere la fiacca diventerà presto un Diritto umano, con la maiuscola.
Paolo Granzotto
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