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«Quelli che criticano e sentenziano? Vadano loro a combattere i talebani»

Barbara Contini è senatrice del centrodestra e fa parte della commissione Difesa. Prima di arrivare in Parlamento ha «governato» la turbolenta provincia irachena di Dhi Qar. Col Giornale parla di Afghanistan.
Come in Irak, negli anni in cui lei era governatore di Nassirya, sono aumentate e sono state perfezionate le trappole esplosive. I talebani copiano l’esperienza irachena?
«Quello che è successo a Nassirya, nei momenti più caldi, si sta ripetendo in Afghanistan. Gli attacchi aumentano e si perfezionano. Da gennaio sapevamo che il livello di scontro in Afghanistan si sarebbe impennato a cominciare dalla primavera. Per questo motivo abbiamo dato il meglio ai nostri soldati. I nostri mezzi blindati sono i migliori sul mercato. Nell’attacco mortale di martedì hanno utilizzato una quantità inusuale di esplosivo, come ha detto il ministro della Difesa. Non possiamo però darla vinta a quattro talebani che vogliono riprendere il controllo di alcune zone».
Il ministro La Russa ha cominciato a ipotizzare un ruolo diverso per i caccia bombardieri Tornado. Non solo per scattare fotografie...
«Una decisione del genere, se ci sarà, verrà discussa in aula. Se abbiamo la certezza che i caccia bombardieri saranno in grado di centrare i talebani, con uno scarto minimo nella precisione, evitando a qualsiasi costo di colpire i civili, mi sembra giusto utilizzare tutte le potenzialità dei Tornado e dei nostri piloti. Se il ministro della Difesa chiederà di farlo, sarò d’accordo con lui».
A ridosso del voto per le presidenziali del 20 agosto bisogna aspettarsi un’ulteriore impennata degli attacchi?
«Penso proprio di sì. Aggiungo che secondo me non è detto che Karzai ce la faccia a venir rieletto presidente così facilmente. Per ora dobbiamo sostenerlo, più avanti si vedrà».
Il 2009 è un anno cruciale?
«La sfida cruciale è iniziata quest’anno, ma continuerà nel 2010 quando gli afghani andranno al voto per il Parlamento».
Alessandro Di Lisio, il parà ucciso in Afghanistan, ha scritto prima di morire che «la guerra è uno sporco lavoro, ma qualcuno dovrà pur farla». È ancora tabù chiamare il conflitto afghano con il suo nome?
«Di Lisio è stato un giovane che ha fatto il militare con onore. Ha ragione: “qualcuno dovrà pur farla” questa missione in Afghanistan. Quelli che criticano o che sentenziano sempre, che ci vadano loro».
La sinistra radicale chiede sempre il ritiro, ma prima o dopo bisognerà lasciare camminare l’Afghanistan da solo. C’è una strategia d’uscita?
«La sinistra radicale non è neppure rappresentata in Parlamento. Alla strategia d’uscita sta lavorando un generale americano non da poco come David Petraeus».
Quanti anni dovremo rimanere in Afghanistan?
«Quanto anni siamo rimasti in Bosnia-Erzegovina, dove abbiamo ancora una presenza? Bisognerà rimanere in Afghanistan fino a quando l’esercito di Kabul e la polizia non saranno capaci di garantire la sicurezza del paese da soli, come sta accadendo in Irak».
In Afghanistan non si vince solo con la forza delle armi...
«Si vince anche con lo sviluppo e la ricostruzione, ma non con quello della cooperazione spicciola o della piccola ong. Un mese fa è venuto a Roma il governatore di Herat, con una delegazione di imprenditori. Ci ha pregato di investire nella loro regione. L’impresa italiana deve darsi da fare e lo Stato deve trovare gli strumenti per aiutarla a lavorare nei paesi a rischio come l’Afghanistan. Altrimenti ne approfitteranno gli altri, come è successo in Irak e altrove».
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