Gian Marco Chiocci
nostro inviato a Salerno
Il verminaio salernitano è una sorta di Bancopoli in scala uno a dieci. I democratici di sinistra locali vivono una sindrome d'accerchiamento, sono attaccati dalla Margherita e dalla base in subbuglio, si sentono braccati dalla magistratura, temono che stavolta il pm Gabriella Nuzzi possa vedere finalmente riconosciuti gli sforzi investigativi tesi a spedire in galera per truffa e quant'altro il deputato Vincenzo De Luca e il sindaco Mario De Biase. Coi dovuti raffronti, un ulteriore parallelismo con i procedimenti romani e ambrosiani gli addetti ai lavori lo riscontrano non solo nella presenza di una talpa a palazzo di giustizia e nelle scottanti intercettazioni telefoniche (coperte da omissis) fra gli indagati e altri parlamentari Ds, ma nella presenza indiretta del finanziere bresciano Emilio Gnutti nell'inchiesta-madre sul Sea Park, uno zoo marino a tema, mai venuto alla luce. Si indaga a fondo, infatti, sul ruolo ricoperto da tre suoi manager, membri del collegio sindacale della Hopa, presenti anche nella società It&s finita nel calderone degli accertamenti dei carabinieri per la dubbia compravendita del terreno che alla fine dei giochi di società avrebbe dovuto ospitare una imponente centrale termoelettrica, osteggiata da tutti, tranne che dai Ds e dal presidente di Assindustria (vicino al deputato De Luca).
Oltre alle scatole cinesi societarie riconducibili - secondo la procura - a uomini di riferimento di Gnutti, in queste ore si scava sulle modalità d'interessamento della stessa «squadra bresciana» al terreno inizialmente destinato alla Disneyland acquatica conclusasi con l'incasso di 60 milioni di euro, quale finanziamento europeo ottenuto per un progetto mai andato in porto. Stando alle carte della procura, infatti, dietro a tutto si nasconderebbe una truffa colossale per il semplice fatto che i «bresciani» avrebbero garantito la proprietà di suoli che in realtà non sarebbero mai stati nella loro disponibilità. Per l'amministratore della It&s, Angelo Tiefenthaler, che ha gestito le trattative per l'acquisto dei terreni, la procura ha chiesto invano l'arresto.
Quest'inchiesta, su cui l'onorevole De Luca rischia la carriera e la libertà personale, ha un'origine lontana. Nasce sulla scia degli esposti del consigliere comunale di Forza Italia, Antonio Pierro, approfonditi dai media locali Le Cronache e Telecolore, confermati in parte più avanti - al pm - dall'ex assessore all'urbanistica, Fausto Martino. Oggetto del contendere la chiusura dallo stabilimento dell'Ideal Standard, grossa impresa di sanitari, e la contestuale messa in cassa integrazione di 200 operai.
Il lotto vale svariati miliardi, in tanti fiutano l'affare finché lo stabilimento viene acquistato dalla società Seapark al prezzo politico di un miliardo e ottocento milioni di lire (la stima si aggirava sui 20 miliardi) poiché nel pacchetto vi è l'impegno a reintegrare gli impiegati disoccupati. Presto, però, si scopre che il parco non si può costruire perché la zona è industriale, e solo un'industria può esservi impiantata.
Così i neoproprietari propongono di realizzare il parco marino altrove, e di sfruttare l'area dell'Ideal Standard per un'attività imprenditoriale di supporto al parco (fabbricazione di gadget, ecc). Senza stare qui a dilungarsi troppo, per problemi di varia natura il parco non vedrà mai la luce proprio come aveva preannunciato anni addietro Cosimo D'Andrea, un pentito doc di camorra, che a un pm di Milano parlò di gioco delle parti per una lucrosa speculazione.
Tant'è. Liberato dal gravame occupazionale (gli operai ormai non sono più un problema) il terreno diventa preziosissimo. Tanto che si comincia a parlare di un affare da milletrecento miliardi attraverso la costruzione di una centrale termoelettrica affidata alla società Energy Plus. L'operazione sarebbe stata seguita politicamente da un esponente nazionale dei Ds. L'edificazione è prevista a metà strada fra Salerno e il comune di Pontecagnano, dove però la gente e l'amministrazione (della Margherita) non ne vuole sentire parlare. Inizia un braccio di ferro durissimo coi Ds che vanno sotto in consiglio comunale a Salerno: saranno gli unici a votare per il sì alla centrale. In molti, anche nella Quercia, pensano che una centrale da 780 megawatt, situata al ridosso dell'abitato di Pontecagnano, a 500 metri in linea d'aria dall'ospedale, col pericolo dell'emissione di polveri sottili, priva di una risorsa diretta di metano propedeutica all'alimentazione della centrale, sia una follia in tutti i sensi. Anche perché il gas dovrebbe essere portato da un metanodotto di 36 chilometri, proveniente dall'Irpinia, che addirittura attraverserebbe l'aree protette dei Picentini. Eppure ai vertici dei Ds c'è chi insiste a chiudere comunque l'affare fino a che - ipotizzano gli inquirenti - il 29 luglio alcuni protagonisti del business non realizzano dolosamente un black out, togliendo la corrente all'abitato di Pontecagnano per dimostrare all'opposizione quanto fosse importante avere una fonte di energia autonoma per evitare ulteriori inconvenienti.
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