Quercia e Margherita: noi rispettiamo Ciampi

Emanuela Fontana

da Roma

Il diessino Gavino Angius evoca la Germania di Hitler. E così, grazie a un audace paragone con il nazismo, la discussione sull'approvazione della legge elettorale diventa una demonizzazione del provvedimento e una battaglia senza esclusione di colpi tra maggioranza e opposizione. Un’opposizione che, in alcuni casi, ha corretto le parole di Prodi dell’altro ieri, quando a proposito della legge aveva detto che Ciampi aveva subito «minacce e lusinghe» da parte della Casa delle libertà. Proprio Angius ha in pratica smentito Prodi: «Ciampi sceglierà in piena autonomia e noi rispetteremo in maniera assoluta qualsiasi sua decisione». E Francesco Rutelli ha fatto altrettanto: «Si tratta di una brutta legge, ma Ciampi è il presidente di tutti e ha la nostra piena fiducia».
Nel centrodestra si torna con fervore su quelle parole, che avrebbero lasciato di sasso anche il capo dello Stato. «Prodi ha perso un’ottima occasione per tacere», riflette Gianfranco Fini. La legge elettorale, commenta poi, «garantisce il sistema bipolare attraverso il premio di maggioranza. Garantisce la governabilità».
I toni avevano cominciato a salire prima dell’approvazione della legge, durante le dichiarazioni di voto in Senato in mattinata. «Voi state approfittando della democrazia - aveva detto Angius rivolto ai banchi della maggioranza - che non può comunque essere trasformata nella dittatura di un premier». Più tardi, sempre in aula: «Un sistema democratico può facilmente evolvere in capovolgimenti autoritari o addirittura totalitari. È già stato visto nella Berlino di Hitler e nella Roma di Mussolini». Parole che la maggioranza potrebbe denunciare: «Il paragone tra il voto al Senato e la Berlino di Hitler o la Roma di Mussolini - avvisa il presidente dei deputati dell’Udc, Luca Volontè - è da procura della Repubblica. Non c’è limite al terrore che si è impossessato dell’Unione». Per Nicola Mancino, che è intervenuto nelle dichiarazioni di voto per la Margherita, la nuova legge elettorale è frutto «di un calcolo meschino, punitivo nei confronti dell’attuale opposizione».
Tante contestazioni derivano dal fatto che Romano Prodi «si troverà con il sistema proporzionale ma senza partito», ha invece spiegato in aula il presidente dei senatori di An, Domenico Nania. Gravissime, secondo Nania, le parole di Prodi su Ciampi: «Il presidente ha sempre svolto il suo ruolo con puntualità, precisione e correttezza». La legge approvata ieri dal Senato «non pone nessun problema di costituzionalità - chiarisce Fabrizio Cicchitto, vicecoordinatore di Forza Italia -. Prodi è arrivato al punto di commettere un gravissimo sgarbo sul piano istituzionale».
Angius non ha avuto parole buone nemmeno per il ministro Stefania Prestigiacomo, che dopo essersi battuta per l’introduzione delle «quote rosa» durante la discussione della legge alla Camera, ieri non ha partecipato al voto al Senato: «Questa signora, suffragetta delle donne, è sparita. Dovremmo chiamare il 113 per cercare la Prestigiacomo». Non sono state carine con lei neanche alcune senatrici del centrosinistra, che ieri hanno organizzato un sit-in davanti a Palazzo Madama e hanno chiesto le sue dimissioni: «La faccia finita di mettersi medagliette, di sembrare diversa dalle sue colleghe - l’ha attaccata Daria Bonfietti (ds) -. Ormai è chiaro che le quote rosa non vedranno mai la luce. La ministra sia coerente e lasci il governo».


Ma la ministra nonostante le ironie non si dà per vinta: la commissione Affari costituzionali del Senato ha fatto «un buon lavoro», risponde, e ora il provvedimento «va portato in aula e sarà l’assemblea a valutarlo». Quanto ad Angius, «qualcuno dovrebbe affrettarsi a chiamare per lui il 118».

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