«Questi mesi senza soldi in balia del caro-greggio»

Parla l’uomo dei risparmi: Francesco Festa, responsabile acquisti

«Questi mesi senza soldi in balia del caro-greggio»

Paolo Stefanato

da Milano

Dottor Festa: e il petrolio? In questo momento cruciale per Alitalia molti hanno criticato che non fossero state attivate protezioni sul prezzo. Altre compagnie, grazie a varie forme di difesa, sono riuscite a sostenere i rincari, mentre oggi si vara una costosa revisione del piano industriale provocata proprio dall’effetto-carburante. La domanda è rivolta a Francesco Festa, responsabile degli acquisti e della gestione forniture dell’Alitalia. Un manager con vasta esperienza internazionale (da Itt ad Alcatel, da Alsthom a Pirelli; oggi è anche presidente di Adaci, l’associazione che riunisce i manager degli approvvigionamenti) chiamato da Giancarlo Cimoli all’inizio 2005 a riorganizzare tutto il sistema degli acquisti, carburante compreso. Festa è ingegnere elettronico e matematico, e il suo approccio con la realtà è sorprendentemente assiomatico: «Un’azienda è un modello matematico, come lo è una parrocchia o un gruppo di amici. Introdotti gli input giusti, non possono che derivare le conseguenze attese».
Quanto denaro passa attraverso la sua struttura?
«2.750 milioni all’anno. Tutti gli acquisti e gli investimenti tranne le utenze, le assicurazioni e le locazioni finanziarie degli aerei; 8mila fornitori in tutto».
Il petrolio quanto rappresenta di tutto questo?
«È la voce principale, 900 milioni nel 2005».
Perché non è stato protetto?
«Perché non c’erano abbastanza soldi in cassa e non avevamo sufficiente fiducia dalle banche».
Si spieghi meglio
«I contratti che permettono di proteggersi da oscillazioni del prezzo possono essere diversi, ma tutti hanno un costo».
Quanto?
«Dieci-20, ma anche 50-100 milioni di euro, secondo i volumi che si vogliono proteggere e il tipo di protezione che si vuole ottenere».
E voi non li avevate
«Noi avevamo i 400 milioni del prestito ponte che dovevano servire per la sopravvivenza».
Ma tutelarsi su una voce così non è essenziale?
«Nessuno si aspettava che il barile passasse da 28 a 70 dollari. Noi avevamo fatto i calcoli del piano - così come la maggior parte delle aziende industriali - stimandolo a 41 dollari nel 2005 e a 50-55 nel 2006. Sa che cosa avremmo dovuto fare?»
Che cosa?
«Avremmo dovuto rinunciare a una percentuale dei voli».
Era già stato fatto nel 2002
«Appunto. Noi invece siamo riusciti a fare una cosa straordinaria».
Quale?
«Portare avanti un modello di sviluppo in una fase di crisi. La nostra fisionomia, che non è quella di una low cost, ci impegnava a evitare iniziative di autoriduzione. I risultati ci danno ragione».
Ma i numeri sono ancora rossi
«Depurato dell’effetto brent, il risultato sarebbe positivo, tutti i parametri sono in crescita».
E quando neutralizzerete questa iattura?
«Non un minuto prima e non un minuto dopo dell’aumento di capitale».
Lei è l’uomo dei risparmi, tutta la spesa passa attraverso di lei.

Dove ha ottenuto i risultati migliori?
«I costi aeroportuali sono calati del 22%, 30 milioni in 10 mesi. Su manutenzione e ingegneria abbiamo limato 35 milioni su 310, senza rinunciare ai livelli di qualità. Da gennaio abbiamo risparmiato 160 milioni».

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