Aborro la retorica, la demagogia, il populismo. Apposta mi ha inondato di dolcezza il cuore la tenera serata vissuta al Ferraris in onore dell'eroico Stefano Borgonovo, inerme vessillifero della lotta alla «Stronza». Come in un sogno, ho rivissuto un calcio antico, ruspante, generoso, in una genuina cornice di popolo che vorrei sempre così. Sono felice di poter dire a Marco Nappi, che tanto s'è dato da fare: io c'ero.
Mi ha intrigato lo spirito di tutti, vecchi e nuovi giocatori normali, vecchi e nuovi campioni, vecchi e nuovi dirigenti, vecchi e nuovi mister a cominciare da Gasperini che si è gagliardamente messo in gioco. Spero ardentemente che una serata così porti fortuna alla Sampdoria e sia stata propedeutica alla Champions del Grifone.
Genova ama il gioco del calcio e lo vorrebbe un tantino più equanime, almeno un filino. Quarantaduemilaottocentonovantaquattro abbonati rossoblucerchiati rappresentano il 14% di seicentomila abitanti al lordo delle migliaia di vecchi e di bimbi fuori gara. Per essere all'altezza della proporzione, Milan e Inter e Roma e Lazio dovrebbero contare seicentomila abbonati in quattro. Più generalmente, come si permettono le «grandi», in ordine alla fondamentale distribuzione dei diritti televisivi, di dire a «piccole» e dintorni: tacete voi che valete uno e noi valiamo dieci? Perché non s'accontentano di valere mettiamo il triplo, sicché infine si possa gareggiare un po' meno ad handicap in numero legale? Che campionato farebbero, se non ci fossero gli «altri»? Che Gran Premio sarebbe se fossero contemporaneamente in pista Formula Uno, Cinquecento e Panda? Certo, poi molto dipende da noi. Tanto per dire: perché Tursi non mette Garrone alla prova, dando via libera allo stadio di proprietà?
Comunque il Genoa, facendo da sé, fa per tre. Ad onta del beffardo infortunio di Milito, che il Pibe non ha premiato quando trionfava e ha scompigliato quando avrebbe dovuto riposare, se il Grifo vince o anche solo pareggia a Reggio Calabria, anche senza il Principe quelle del doppio turno casalingo con Juve e Lazio diventano ordalie di sapore medievale.
Analizzando a cervello freddo ci si rende poi conto che da qui a fine maggio le partite che possono ridare un senso alla stagione della Sampdoria sono ormai tre. Quella di domenica prossima (5 aprile) contro il Napoli: per non dover poi rischiare - in prospettiva Inter - l'incolumità delle colonne portanti nella doppia insidiosa trasferta di Lecce e Catania (12 e 19 aprile). Appunto quella di San Siro nerazzurro (23 aprile): per l'accesso alla finale di Coppa Italia, che al 90% le varrebbe il ritorno in Coppa Uefa. Infine il derby di ritorno (3 maggio): per restituire ai «cugini» il bruciore della sconfitta subita all'andata.
Per restare specificamente alla Madre di tutte le partite, considerato che la Sampdoria ha presentato finora un assetto difensivo carente e che l'Inter partirà da -3 ma farà fuoco e fiamme per farsi perdonare dai tifosi la cocente delusione patita in Champions, mi permetto una volta di più di spronare Walter Mazzarri a organizzare un più compatto «4-4-2» a maggior garanzia della porta di Castellazzi e a miglior supporto della formidabile coppia d'attacco, con Pazzini che ormai, miracolato da Cassano, come tocca palla fa gol.
Per scendere costruttivamente nei dettagli, io penso che due elementi come Padalino e Pieri (che non vantano l'iperatletismo di Maggio, per non scomodare il mitico Attilio Lombardo) potrebbero offrirsi alternativamente al genio di Cassano - che svaria sull'intero arco d'offesa - per servire dal fondo acconci palloni per la testa di Pazzini, se invece di doversi sfiancare su 80 metri di fascia potessero ridurre il raggio d'azione grazie alla copertura dei laterali di difesa Campagnaro e Accardi.
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