Politica

«Questo è il governo delle tasse»

da Roma

I dubbi di Giulio Tremonti: «Forse nemmeno i ministri sanno bene che cosa hanno approvato». Le certezze di Giuseppe Vegas, ex viceministro dell’Economia: «Le cifre del Dpef dimostrano che questo è il governo delle tasse». Il sarcasmo di Lucio Malan, senatore di Forza Italia: «Prodi nuoce gravemente all’Italia. Dovrebbero mettergli un bollino addosso, come per le sigarette. Prima con il decreto Bersani-Visco, poi con il documento di programmazione economica vengono assestati colpi micidiali al tessuto produttivo del Paese».
Nel centrodestra, gli interventi annunciati da Tommaso Padoa-Schioppa incontrano soltanto reazioni negative. Il più conciliante sembra Michele Vietti, responsabile economico dell’Udc, che lascia il beneficio del dubbio: «Un giudizio completo sarà possibile solo dopo un esame dettagliato. Le anticipazioni però lasciano perplessi sull’equilibrio tra tagli e investimenti. Peraltro si è già scatenata la ridda di distinguo nel centrosinistra. Prima di convincere noi sulla bontà della manovra, il ministro dovrebbe convincere i suoi alleati». E Luca Volontè, dopo la mancata firma di Ferrero, chiede che il Professore «venga in Parlamento a dirci se ha ancora la maggioranza».
Secondo Vegas «nel governo non c’è una maggioranza in grado di rivedere seriamente la spesa sociale e quindi, come al solito, si mascherano per tagli veri e propri aumenti di imposte». Lo dimostrano, spiega, alcuni dati: «Il Dpef prevede una manovra di 35 miliardi, con una stretta alla sanità, agli enti locali, eccetera. Ma il decreto Visco prevede maggiori entrate di 3,8 miliardi e minori spese per 0,9, il che significa un rapporto quattro a uno a favore degli inasprimenti fiscali. Se questa ripartizione venisse applicata anche nella Finanziaria, ne conseguirebbero maggiori imposte per 28 miliardi e minori spese per sette».
Per Maurizio Sacconi «dietro le buone intenzioni del ministro, che ha la mano molto dolce con il pubblico impiego per non offendere la sensibilità sindacale, emerge l’idea di un fisco da Stato di polizia, come se, scontata l’incapacità di stimolare la crescita, si volesse scaricare la responsabilità sulle categorie». Per Renato Brunetta «si tratta di una manovra sul nulla: che si dovesse fare un intervento di tre punti del Pil lo sapevano anche i sassi, però Padoa-Schioppa dovrebbe dirci dove taglierà due punti di spesa sociale». Per Roberto Calderoli, «se il buongiorno si vede dal mattino, qui è notte fonda». «Il governo - sostiene il coordinatore della Lega - vuole mettere le mani in tasca ai cittadini e incidere proprio su quelli che dovrebbero essere i punti fermi della nostra vita, la sanità, la pensione, i servizi dei comuni».
Un mix di tasse e tagli che non piace nemmeno ad An. Dice Maurizio Gasparri: «L’esecutivo fa macelleria sociale, riducendo gli stanziamenti per la sanità e intaccando i trattamenti previdenziali. Prodi e compagni sono al servizio delle grandi lobby e si schierano contro il popolo, colpendo ogni genere di categoria». Afferma Altero Matteoli: «Realizzare una manovra da 35 miliardi di euro solo con i tagli è irrealistico e ingannevole. Dietro il Dpef si nasconde infatti un aumento delle tasse. La sinistra non si smentisce, affronta i problemi nella maniera più semplice, chiedendo sacrifici alle famiglie. E poi, nel suo programma l’Unione non aveva forse promesso di non toccare lo Stato sociale?».

Incalza Gianni Alemanno: «Si tratta di un documento fortemente orientato sul versante dell’aumento della pressione fiscale che ha forti difficoltà a innescare lo sviluppo».

Commenti