Cosa hanno in comune Ségolène Royal, Ana Carolina Reston Macan, la modella brasiliana uccisa dallanoressia, il gruppetto di studenti bulli che hanno seviziato un povero compagno inerme? Niente. Ma solo in apparenza. Ciò che li lega profondamente è il demone della moderna società dellimmagine, la bellezza, a cui, a sua volta, è stato sottratto il valore che ne aveva sempre fatto il principio fondamentale intorno al quale si è costruita la nostra cultura: il rapporto, cioè, della bellezza con la verità e il bene.
Su Ségolène Royal non cè stata cronaca che non abbia sottolineato il suo fascino, la sua battaglia combattuta sul piano dellimmagine. Un giornale francese ha centrato nel vivo il problema dicendo che la Royal è il John Kennedy della Francia. Se vogliamo spingerci più in là, può anche ricordare una recentissima indagine di costume da cui risulta che, tra le prime tre donne desiderate dai francesi, la Royal è preceduta da Angelina Jolie e seguita da Monica Bellucci.
Si ricorderà il primo scontro televisivo tra Nixon e un Kennedy bello, giovane, al punto che i suoi collaboratori ritenevano dannoso il suo fascino perché avrebbe suggerito agli americani unimmagine poco credibile e troppo frivola rispetto a quella di Nixon austera e brutta, come si pensava dovesse essere la faccia di un uomo a cui si dava fiducia per governare. Fu invece proprio il fascino che fece avere la meglio al futuro presidente degli Stati Uniti, aprendo, da quel momento, le porte della politica moderna alla bellezza. E la cinquantenne Royal è consapevole di essere degna erede di quella lontana storia in cui bellezza e seduzione, se usate con astuzia, danno un potere enorme. Non si creda sia facile presentarsi belli nellarena politica. La Royal non ha sbagliato una mossa o, sarebbe meglio dire, un tocco di trucco e di pettine, per conferire alla sua immagine di donna matura un fascino intelligente ed elegante che ha sbaragliato i suoi due sfidanti ben più esperti, con un curriculum politico di gran lunga più importante e rassicurante sul piano dei risultati rispetto al suo.
Di fronte a questo uso sapiente, colto e astuto della bellezza, si rifletta sullossessione nella ricerca della bellezza che ha ucciso la modella brasiliana. Vi ricorderete quante parole erano state spese per spergiurare che non si sarebbe mai più concesso a modelle troppo magre di sfilare in passerella. Anche il ministro Melandri aveva sentenziato che «i parametri imposti dalla moda sono barbarici». Peccato che la crociata si sia esaurita nelle dichiarazioni e che a Milano come a New York o a Londra le modelle che hanno sfilato sono sempre le solite: diafane e magrissime.
La moda è un mondo ipocrita che usa unidea di bellezza funzionale al suo mercato, pretendendo belle donne che non sono più donne ma attaccapanni per appenderci gli abiti degli stilisti. La moda, nel suo indissolubile necessario rapporto con il consumo e la pubblicità ha diffuso il virus che ha provocato la «malattia della bellezza», una malattia che costringe uomini e donne ad essere belli, che finiscono per sentirsi colpevoli se non fanno nulla per migliorare il loro aspetto fisico. A proposito: sapete qual è il regalo di Natale più richiesto dalle donne ai propri uomini? Il pagamento di una seduta per lo sbiancamento dei denti.
Da questa bellezza idiota in grado, però, di uccidere, passiamo allidea di bellezza che il bullismo crede di poter esprimere attraverso gesti brutali e violenti. Cosa dicevano di sé i bulli che picchiavano il loro compagno inerme e che filmavano le proprie gesta? Si sentivano belli agli occhi degli amici perché forti e spregiudicati: la loro era una bella azione perché consideravano bella la violenza che infliggevano.
È inutile commentare la distorsione mentale di questi giovani delinquenti, ma vale la pena sottolineare come la bellezza sia ormai sempre più presente nella nostra realtà sociale a tutti i livelli, dai più significativi ai più degradanti.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.