Prima del raìs cambiamo questa inutile Europa

La resistenza del regime sta facendo sfaldare la Coalizione dei volenterosi, troppo divisa perché ciascuno persegue il proprio interesse nazionale. All'Unione di Bruxelles manca l'anima

Appena un anno e mez­zo fa, era il primo set­tembre 2009, i velivoli militari francesi, ita­liani, portoghesi e serbi sfrec­ciarono sui cieli di Tripoli per rendere omaggio a Gheddafi condividendo la festa per il quarantesimo della sua rivo­luzione. Le nostre Frecce Tri­colori si esibirono in Libia uf­ficializzando un vincolo spe­ciale con un regime con cui abbiamo immaginato di aver instaurato un matrimonio in­dissolubile simboleggiato dal fiume di petrolio, di gas, di fondi sovrani e di commes­se ch­e ci avrebbe uniti amore­volmente per l'eternità.

Oggi i nostri aerei sono tornati su­gli stessi cieli per bombarda­re­le strutture militari e logisti­che che gli abbiamo venduto e per uccidere il tiranno che fino all'altro ieri esaltavamo e non esitavamo a prostrarci al suo cospetto pur di avere la sua firma in calce all'asse­gno. La guerra che abbiamo scatenato contro la Libia sta dimostrando che siamo a tal punto screditati da non poter impartire lezioni di moralità a un dittatore la cui ferocia ha portato le Nazioni Unite a denunciarlo per crimini contro l'umanità. Il cosiddetto «Vertice di Parigi per il sostegno del popolo libico», che lo scorso 19 marzo ha sancito l'avvio della guerra, si sta rivelando un vero e proprio complotto ordito da Sarkozy per far risalire le sue quotazioni interne dopo il crollo della sua popolarità nei sondaggi e nelle urne, assumendo formalmente la guida della difesa degli interessi petroliferi dell' Europa dopo che Gheddafi aveva annunciato che avrebbe rimpiazzato le multinazionali occidentali con i cinesi e i brasiliani.

Un complotto a cui hanno aderito gli Stati Uniti, i Paesi europei, la Lega Araba e persino l'Onu con modalità ispirate dal loro termometro politico interno, con l'obiettivo di riscattare se stessi e non il popolo libico che si ritrova ad essere doppiamente tradito. Prima è stato abbandonato a se stesso pagando un alto tributo di vittime quando Gheddafi ha usato l'aviazione e i carri armati per recuperare il controllo delle città cadute nelle mani degli insorti; poi si è ritrovato a continuare a morire bombardato sia dall'esercito libico sia dagli aerei che dovrebbero liberarlo dalla dittatura. Se non siamo intervenuti quando avremmo dovuto e se siamo intervenuti soltanto quando abbiamo fiutato odor di vendetta da parte del Gheddafi trionfante, ciò si spiega con il fatto che i tempi dell'interventonon sono stati dettati dalla volontà di aiutare il popolo libico a conquistare la libertà e la democrazia, bensì dalle ragioni interne di ciascun Paese occidentale.

Non stupisce pertanto che di fronte alla resistenza di Gheddafi e lo spettro di un conflitto lungo, costoso e sanguinoso, la cosiddetta «Coalizione dei volenterosi » si sia disgregata riducendosi ad una indecorosa armata Brancaleone in cui ciascun alleato persegue un interesse diverso e talvolta contrastante. La lezione da trarre è che prima di cambiare Gheddafi dobbiamo cambiare l'Europa. E per cambiare l'Europa dobbiamo dare un'anima all'Europa che si sostanzi del riconoscimento delle nostre radici giudaico- cristiane, della fede nei valori non negoziabili che sono il fondamento della nostra umanità, dell'orgoglio della nostra identità cristiana che tutela la vita, la dignità e la libertà di tutti, siano essi credenti o meno. Quest'Europa si presenta puntualmente a ranghi sparsi ed è incapace di unirsi sul piano della politica estera, della difesa, della sicurezza, dell'immigrazione e dell'integrazione, perché ci vergogniamo di noi stessi, non sappiamo chi siamo, non conosciamo la rotta da seguire e non individuiamo il punto di approdo.

Il discredito internazionale dell'Europa in particolare e dell' Occidente in generale che la guerra in Libia sta producendo, ci fa toccare con mano che stiamo vivendo una fase accelerata del declino della nostra civiltà, la civiltà della persona concepita come produttore di materialità per consumare sempre di più, dove l'euro ci è stato presentato come la massima realizzazione della costruzione dell' Europa unita. Se l'islam si affermerà sempre più come il riferimento ideologico e identitario dominantesull'altra sponda del Mediterraneo, ciò si dovrà al fatto che noi abbiamo fallito nel proporci come depositari di una civiltà credibile con valori e regole universalmente valide.

Prima ci siamo screditati dimostrando di essere interessati solo ai beni materiali legittimando i dittatori che ce li garantivano; poi abbiamo accresciuto il nostro discredito bombardando la Libia solo dopo che Gheddafi ha ripreso il controllo delle città e ha annunciato che non tutelerà più i nostri

interessi materiali. Ci stiamo comportando come chi scioccamente non sa neppure salvaguardare se stesso, perché di fatto siamo diventati a tal punto succubi della materialità da non essere più capaci di volerci del bene.

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