La rabbia di via Fereggiano: abbandonati dalle istituzioni

«La nostra gente piace alla vita perché ha coraggio e speranza. Grazie a tutti». «Con forza e onore via Fereggiano risorgerà». Non si sono arresi gli abitanti e i commercianti di Quezzi e Marassi, e affinché fosse chiaro a tutti, lo hanno scritto a carattere cubitali su due striscioni che dominano l’inizio della strada martoriata dall’alluvione. Via Fereggiano. Ma a un mese dalla tragedia, la gente dei quartieri colpiti, proprio non ci sta. E la rabbia sale. Sentono addosso l’abbandono delle istituzioni locali che hanno promesso e non mantenuto. E uniti da una tragedia inaspettata si raccolgono in comitati per difendersi dall’incuria del rio e dai mancati lavori.
«Chiediamo di non essere dimenticati - sbottano le sorelle Wanda e Irene Tremul proprietarie del negozio di oggettistica in piazza Galileo Ferrari -. Siamo stati abbandonati. Dopo il clamore iniziale, non abbiamo visto più nessuno. Non sappiamo quali sono gli interventi di messa in sicurezza del torrente. Non ci sono più operai a lavoro. Sappiano, le istituzioni che ci governano, che qui noi viviamo costantemente con l’incubo che la prossima pioggia possa far esplodere la bomba d’acqua che ha colpito abitazioni e servizi commerciali il 4 novembre scorso. Abbiamo paura. Credo sia lecito no?».
E però, non c’è un negozio che non abbia avviato lavori di ristrutturazione. Alcuni sono già operativi. «Non molliamo - continua Wanda -. Siamo aperti dal 1952. Con l’alluvione abbiamo perso tutto, ma stiamo sostenendo spese importanti per riaprire a giorni. Ma l’aiuto che ci avevano promesso, dov’è? Sono venuti qui, ci hanno rassicurato, si sono riempiti la bocca di parole promettendo di non lasciarci soli. E invece è trascorso un mese e non abbiamo visto un soldo per poter ripartire, eppure in giro di iniziative ne sono state fatte tante. È normale tutto questo?». E Burlando? «Dov’era, dov'è adesso? Noi qui non abbiamo visto proprio nessuno. Si fosse tolto un solo euro per aiutarci, anche solo come esempio di solidarietà. L’unico grande esempio sono gli Angeli del Fango, le parrocchie e i militari».

Ma c'è chi va oltre la polemica, e aspetta le prossime amministrative. «Me lo ricorderò in sede elettorale - dice Roberto Bellantonio, proprietario del devastato negozio di colori in piazza Galileo Ferrari -. Non aggiungo altro. Dico solo che quando voterò mi ricorderò».

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