Petizione al Parlamento europeo per un giro di vite contro i commercianti del falso. Il messaggio diretto a Strasburgo parte da Milano ed è firmato Alleanza Nazionale. Dopo il bilancio della Guardia di Finanza che ha sequestrato in Lombardia oltre 35 milioni di prodotti «taroccati» nei primi 11 mesi del 2005, An fa partire un mini-tour nelle piazze lombarde e chiede allEuropa mano più pesante sul mercato della contraffazione. A San Babila il primo banchetto per la raccolta delle firme e i volantini che invitano a «Scegliere prodotti italiani» con un piccolo vademecum anti tarocco.
«Il Parlamento deve fare pressione sul Consiglio e sulla Commissione europea perché chi venga sorpreso in questo tipo di business sia interdetto per un minimo di tre anni dal commercio con l'Unione» tuona Cristiana Muscardini, europarlamentare e coordinatrice regionale del partito di Fini. Più controlli alle frontiere e norme più severe: bersaglio numero uno i prodotti cinesi che in città, come in tutta la regione, sono più che triplicati negli ultimi dieci anni. Circa 650 milioni di euro il giro daffari delle merci «made in China» arrivati sotto il Duomo nel 1994, oltre 2 miliardi, dieci anni dopo. Un fenomeno che non si è certo arrestato quest'anno visto che in città il business della merce proveniente dall'Estremo Oriente è di 2,4 miliardi mentre in Lombardia sfiora già quota 4.
«Le quote di importazione consentite dall'Unione europea sono state riviste al ribasso - spiega la Muscardini che a Strasburgo fa parte della commissione per il Commercio internazionale - ma sono comunque troppo alte non solo perché i prodotti sono spesso irregolari, ma anche perché quasi sempre vengono realizzate da persone che non hanno tutele sociali».
Milano invasa dalle importazioni cinesi dunque e incapace di rispondere con la stessa carta: i beni esportati a Pechino sono cresciuti di poco più del 50 per cento dal '94 a oggi e il saldo tra import ed export, sempre sfavorevole per le aziende meneghine, si è allargato in maniera esponenziale.
Ma è soprattutto sul business del falso che i primi firmatari della petizione, tra cui l'ex assessore regionale alla Sanità Carlo Borsani, non intendono transigere. «I prodotti messi in commercio sono spesso pericolosi perché utilizzano sostanze tossiche per la pelle - aggiunge Cristiana Muscardini - imitano i marchi italiani e spesso disorientano il compratore perché recano il simbolo CE che significa China export e non il segno distintivo della merce europea».
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