Radici di Tonino: il suo ideologo è Abatantuono

Anime gemelle, separati alla nascita. Concetti e linguaggio sfoggiati dal leader Idv sembrano quelli del celebre terrunciello trapiantato a Milano. Così come nei suoi primi film, il politico si atteggia a capo ultrà

Radici di Tonino: il suo ideologo è Abatantuono

Tonino Di Pietro ha un ideologo nascosto che non ha mai voluto svelare: è Diego Abatantuono. Milanesi ter­runcielli tutti e due, Tonino e Diego si sono formati sugli stessi libri, hanno studiato dal­l­a stessa grammatica e sfoggia­no un linguaggio assai simile ed un eloquio di pari finezza. Compirono gli stessi alti studi presso la medesima universi­tà, la Brocconi. E là consegui­rono la laurea con l’ode acca­demica (così è scritto testual­mente sul loro certificato di laurea). Da qui la cattedra per chiara fama al Cepu che il pro­fessor Abatantuono lasciò al­l’illustre collega accademico, il sullodato Tonino. Anche Abatantuono fece fortuna a Milano da settentriunale al ciento pe’ ciento, e non esclu­do che pure lui porti, come Tartaglia, un duomo in tasca come biglietto da visita da sbattere in faccia per esibire la sua milanesità. La folgoran­te intuizione del binomio Aba­tantuono­ Di Pietro avvenne nel corso di un’intervista che Totò Di Pietro rilasciò a Rai­news, con Corradino Mineo nel ruolo di Peppino. Là Di Pie­t­ro usò lo stile tipico di Abatan­tono, la distorsione creativa dei proverbi: disse che «la montagna ha partito il topoli­no », «se aspettiamo che nasce il bambino dal cavolo rimania­mo senza bambini e senza ca­voli », «fosse la Madonna che si fa la legge elettorale» «vado in campagna elettorale col col­tello », e Fini «non è né ma­schio né femmina», mentre Mineo si affannava a difende­re la rispettabilità degli erma­froditi; poi «Berlusconi fa da prete e da sagrestano» e va cac­ciato anche se purtroppo «non lo puoi prendere a maz­zate », ma attenzione perché «sta entrando in ognuno di voi» e non oso pensare da che orifizio. Ecceziunale vera­mente, un comizio surreale che neanche Antonio La Trip­pa... Come Tonino, anche Aba­tantuono diventò celebre co­me capo degli ultrà, almeno nei film; sono memorabili i suoi gridi di guerra, «viulee­enz », che eccitavano i tifosi più accesi.

Da quando Abatan­t­uono ha smesso di interpreta­re il ruolo di capo dei tifosi ul­trà, tocca a Di Pietro assumer­ne l’eredità. Già si distinse al tempo di Tartaglia dicendo che Berlusconi in fondo se l’era cercata, aveva istigato al­la violenza e ho l’impressione che alcuni suoi colleghi magi­­strati abbiano recepito la sua lectio magistralis . Ma di recen­te, il Di Pietro-Abatantuono, che per brevità chiameremo Abatantuonino, si è reso pro­tagonista di altri episodi da ul­trà. Il primo, che vale quanto il manifesto degli intellettuali di Benedetto Croce, fu l’esor­tazione a non comprare libri della Mondadori. Precisazio­ne superflua, quel riferimen­to alla Mondadori, sarebbe ba­s­tata l’esortazione a non com­prare libri in generale e tutti gli avremmo creduto sulla pa­rola. Ma Tonino che è furbo e non vuol passare per leader degli ignoranti, al fine di com­­battere l’ignorantità, come di­ceva un mio colto compaesa­no, invita a comprare libri al­trui «eticamente compatibi­li ». Cosa siano i libri eticamen­te compatibili non è chiaro: in­compatibili sono ad esempio i testi di Omero, Shakespeare o Dostoevskij, che esibiscono passioni assai poco etiche? Non vi dico poi di Machiavelli o Nietzsche. Della Divina Commedia è eticamente com­patibile solo la terza parte, de­dicata al paradiso, va invece cassato l’inferno che lascia parlare fior di Berlusconi, la­sciando invece il purgatorio alle indagini degli inquirenti, i pubblici ministeri. Che i libri si possano sostitu­ire indifferentemente, a pre­scindere dagli autori, è una svolta originale nella storia della letteratura di tutti i tem­pi. Non contano gli autori e le loro opere, ma chi le ha pub­blicate e la fedina penale degli stampatori. Tu puoi pubblica­re pure la Bibbia ma se il tipo­grafo ha precedenti penali, al rogo la Bibbia. Non si legge più nessun classico perché pubblicato da Mondadori; in compenso puoi rifarti con un testo pubblicato che so, dalle edizioni Panini, dove peraltro la lettura è facilitata dalle figu­rine. L’idea che il libro possa esse­re comprato per i contenuti non lo sfiora nemmeno.

Il li­bro, secondo il fine critico let­terario di Montenero di Bisac­cia, serve per riempire le libre­rie, per riequilibrare i tavoli zoppi, per coprire il buco nel­la parete o come variante del mattone, per nascondere i sol­di. Ma l’ultimo editto del capo degli ultrà Abatantuonino, ha riguardato l’esortazione ad ag­gredire, verbalmente s’inten­de, con fischi alla pecoraia, l’eticamente scorretto Marcel­lo Dell’Utri, che per giunta porta in giro i testi di un altro eticamente più scorretto, det­to il Duce. Ma nei suoi leggia­dri blo­g Abatantuonino esten­de l’uso del fischio come argo­mento politico e auspica la cacciata dalle piazze, in segno di dialettica democratica; esorta anzi a «fischiarli tutti» come titola una sua pregiatis­sima analisi, elogia i fischi ovunque si manifestino, dal­l’Aquila a Como. Abatanuono sarà orgoglioso del suo allievo che si è abbeverato ai suoi film. La fatwa di Tonino contro Dell’Utri si è incrociata con quella iraniana contro Carla Bruni,dove altri tonini nel no­me dell’Iran dei Valori e della Legge, che lì chiamano sha­ria, esigono di eliminare per­sone condannate per legge e giudicano eticamente scorret­te le Carle Bruni che osano di­fenderle. Zitta tu, bottana pre­sidenziale...

Un giorno o l’al­tro Tonino pianterà come Gheddafi la sua tenda sotto Palazzo Chigi per irrompere con i suoi trenta cavalli e le sue cinquecento pecore - ver­sione rurale delle cinquecen­to hostess- nelle stanze del go­verno e cacciare con fischi e forconi il criminale Berlusco­ni. Allora sì che Tonino diven­terà il nostro fratello leader, ci convertiremo alla sua sharia e Abatantuono sarà riconosciu­to come il nostro Khomeini.

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