Un ragazzo somalo: in acqua ho lottato con i due compagni che avevo aggrappati

Lampedusa «I superstiti sono tutti in uno stato di chock». Lo ha detto Simona Moscarelli dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni riferendosi alle persone salvate in mare dopo il naufragio del barcone proveniente dalla Libia e affondato l’altra notte in acque maltesi. Tra le testimonianze raccolte dall'Oim quella di un uomo che ha detto di aver perso suo figlio di un anno e di una delle due donne sopravvissute che ha raccontato di aver perso il marito.
Fra le persone salvate, invece, c’è Karim, somalo, che spiega di essere caduto in mare e racconta, mostrando un ematoma al sopracciglio sinistro e facendo il gesto del pugile, di aver dovuto difendersi da due compagni di viaggio che sapevano nuotare e che si erano aggrappati a lui. Non sa se ce l’hanno fatta, era buio, non li ha neanche visti in faccia. Lui l’ha scampata. Karim dice di avere 17 anni perché questo gli procurerebbe qualche vantaggio ma di anni ne dimostra cinque o sei di più. Parla un po’ di inglese e un po’ di italiano, le poche parole della nostra lingua le ha apprese dal padre. «Buio» e «acqua» ricorrono continuamente nel suo discorso.
Fra i superstiti anche Peter, camerunense di 29 anni, che per alcune ore ha creduto che la fidanzata, sulla barca con lui, fosse morta.

Ma mentre era al poliambulatorio di Lampedusa è arrivata una telefonata della donna che si era salvata e che si trova nella base Loran di Lampedusa. E sta bene anche la donna all’ottavo mese digravidanza sopravvissuta al naufragio, che dopo le prime cure a Lampedusa sarà trasferita all’ospedale Cervello di Palermo con un’eliambulanza della Regione Siciliana.

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