
di Piero Chiara
Non terrò mai, e non ho mai tenuto, un diario. Non riesco neppure a tenere un'agenda, da conservare anno per anno, tanto per sapere, a distanza di tempo, i dati principali, e le date, dei fatti che mi sono occorsi, dei viaggi che ho compiuto, dei libri che ho pubblicato. Ma certi episodi, impressioni, giudizi, notizie, le voglio annotare, di tempo in tempo. Me ne potrò servire più tardi. O forse se ne serviranno altri, dopo di me, per pesare meglio fatti e uomini di questa epoca.
25 luglio 1970
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Il Premio Strega non è questione di merito o di valore del libro in gara, ma di politica editoriale e di comparaggio. La meccanica di Carlo Emilio Gadda è un libro messo insieme dagli amici del vecchio scrittore: Cattaneo, Roscioni e altri che gli vanno per casa, lo sbaciucchiano, lo palpano, poi gli tirano i cassetti, alla ricerca di abbozzi, pagine per sé per altri manoscritti incompleti, che cuciono, rappezzano e poi consegnano a Garzanti.
24 luglio 1970
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Eugenio Montale, al mio tavolo, è un po' cotto, ma ancora lucido. È ragioniere. Pochi lo sanno e lui si guarda bene dal dirlo perché se ne vergogna. Quel titolo, quel genere di studi e la mentalità che ne può derivare, sono da tener presenti in una valutazione di Montale, della sua storia d'uomo e di poeta. Mentre Gattuso, che aveva mangiato poco e bevuto molto, era ubriaco. Dondolava, balbettava, parlava fuori tono, era affetto da logorrea alcolica. (...) Lo scultore Tavernari si fingeva ubriaco, convinto che a un grande artista stia bene, ogni tanto.
30 luglio 1970
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Mi accorgo che da tre anni ho abbandonato questo quaderno. Però ho tenuto aggiornate le agende e potrei ricostruire, almeno in quanto agli impegni, ai viaggi e agli incontri, questi tre anni. Ma per il resto è un disastro. Non potrei dar conto di nulla. È tutta una confusione di facce vecchie e nuove L'anno scorso, in maggio, ho pubblicato Il Pretore di Cuvio: 130.000 copie vendute in meno di un anno. Premio Strega tentato, ma vinto da Cancogni, che con la Rizzoli e la Bellonci dalla sua ha potuto fare una grossa incetta di schede (...) Lavoro da un anno e mezzo con Federico Roncoroni a preparare i materiali per una biografia di Gabriele D'Annunzio che verrà pubblicata da Mondadori. Durante le ricerche abbiamo trovato quasi mille lettere di D'A. a Barbara Leoni in gran parte inedite (...). Giancarlo Vigorelli è venuto ad abitare a Varese e ci vediamo frequentemente. Siamo in grande amicizia. Ci conosciamo dal 1944, quando eravamo in Svizzera internati. Dopo quasi trent'anni siamo qui, ancora quasi giovani e pressoché intatti. Se non fosse che oramai non si può più contare su altri trenta...
La mia vita comincia a diventare lunga, come certe gallerie che fanno tenere il fiato, quando pare non debbano mai finire. Se guardo indietro vedo un viale diritto, con in fondo un viale diritto, con in fondo la casa dove sono nato, davanti al porto di Luino.
Ho lavorato molto in questi ultimi dodici anni. Prima, ho solo ingannato il tempo. Ma non mi pento. Non avrei potuto fare altro. Quando è venuto il mio momento per lavorare, non ho tergiversato: ho preso di petto l'impresa e ho fatto lo scrittore con dedizione e costanza, come un altro farebbe il commerciante o l'ingegnere. Non ho mai avuto problemi, in questi anni, dubbi, tentennamenti o crisi. Ho scritto una pagina dietro l'altra, con fatica ma anche con godimento. Mi liberavo gradualmente, scrivendo, di un mondo che avevo dentro ingrovigliato. Spero di continuare a lavorare sino all'ultimo istante di vita. Mio padre e mia madre sono morti senza immaginare neppure lontanamente che sarei diventato uno scrittore vero, cioè uno che vive facendo lo scrittore e per fare lo scrittore. Infatti non mi sento scrittore. Scrittore sono Piovene, Arpino, Moravia e tanti altri. Il fatto che mi capita di pubblicare dei libri non mi pare qualificante.
7 marzo 1974
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Lavoro ancora con molto gusto, ma non ho più emozioni. La battaglia che ho combattuto per sopravvivere mi ha cambiato. Ho imparato a soffrire e a guardare con indifferenza all'avvenire.
2 luglio 1986