Roma - Solo oggi - forse - si capirà come andrà a finire l’interminabile partita che si sta giocando attorno a due poltrone istituzionali, Commissione di vigilanza e Corte costituzionale.
Allo stato, i candidati restano Leoluca Orlando, uomo di Di Pietro, per la prima e Gaetano Pecorella, giurista, parlamentare azzurro e difensore di Silvio Berlusconi per la seconda. Ma non è ancora detto che finisca così. «Dipende tutto da Walter Veltroni: il cerino è finito nelle sue mani», spiegano ai piani alti di Forza Italia. Il leader del Pd deve decidere se dare via libera all’avvocato del premier, incassando non solo i mal di pancia del suo partito e le forti perplessità (assicurano i ben informati) del Quirinale, ma anche i fulmini di Di Pietro. Che già urla al «baratto» e spiega che la candidatura di Pecorella rappresenta «il conflitto d’interessi all’ennesima potenza». Oppure, Veltroni deve decidere di rinunciare alla candidatura di Orlando, nel qual caso «regaleremmo a Di Pietro il ruolo di vittima sacrificale, che non vede l’ora di recitare», gemono nel Pd. Senza contare che l’Italia dei valori a quel punto chiederebbe un risarcimento sonante: una poltrona nel Cda Rai cui il Pd dovrebbe rinunciare. Un dilemma da togliere il sonno, tanto più alla vigilia della grande manifestazione di piazza del 25 ottobre. «Siamo entrati in questa vicenda male e ne usciremo peggio», ripetono dirigenti autorevoli del Pd. Tanto più che, in assenza di uno sblocco sulla Consulta, il Pdl faceva sapere di essere pronto a votare in Vigilanza per il radicale Marco Beltrandi: uno schiaffo dolorosissimo per il Pd.
Eppure, ieri mattina sembrava esserci stata una schiarita: si racconta di una telefonata tra Gianni Letta e lo stesso Veltroni, concordi su un punto: «Lo stallo va superato», il muro contro muro tra maggioranza e opposizione sta bloccando il Parlamento e le sollecitazioni del Quirinale non possono restare senza risposta. Tanto più che la campagna dei radicali, con sciopero della sete di Marco Pannella, sta catturando l’attenzione dell’opinione pubblica e rischia di attirare il pubblico ludibrio sull’impotenza della politica a risolvere una storia di poltrone. Insomma, «una soluzione va trovata in tempi rapidi». E il sottosegretario alla presidenza del Consiglio ha garantito al leader Pd che Berlusconi e il Pdl erano pronti ad ammorbidire il proprio veto su Orlando, a patto però che il Pd sbloccasse la partita della Consulta. Veltroni, dicono, ha fatto presente le resistenze non sue ma interne al Pd, e i problemi con Di Pietro, che un sì a Pecorella avrebbe causato, ma ha acconsentito ad un gesto di «disarmo bilaterale». E così è andato davanti alle telecamere della neonata Youdem, la tv del Pd, e ha aperto: «Il Pdl ci dica entro oggi chi è il suo candidato alla Corte costituzionale, purché sia una persona con certe caratteristiche, e noi siamo pronti a votarlo. E loro a questo punto votino Orlando, così in 24 ore la situazione si sblocca». Di lì a poco, però, il capogruppo alla Camera del Pd, Antonello Soro, precisava che «se venisse proposta la candidatura dell’onorevole Pecorella, rappresenteremo le delicate ragioni per cui la troviamo non opportuna». Ragioni, diceva Dario Franceschini, «che già stiamo spiegando da un anno e quattro mesi al Pdl, e sarebbe strano che cambiassimo idea ora: Pecorella lo voteremmo anche più volentieri di altri possibili candidati, ma ci sono ragioni istituzionali per evitarlo». E ragioni che Di Pietro si incarica subito di gridare ai quattro venti: «È indagato per aver favorito un presunto terrorista». Di lì a poco, però, i gruppi del Pdl indicavano ufficialmente il nome di Pecorella come candidato alla Consulta, e i due presidenti vicari Bocchino e Quagliariello facevano sapere che «se Soro la reputa non opportuna, per la maggioranza la candidatura di Orlando alla Vigilanza è più che inopportuna». E aggiungevano: «Evitiamo la logica delle opportunità contrapposte».
Nel Pd, intanto, le acqua erano agitatissime. Autorevoli esponenti, a cominciare dalla capogruppo al Senato Anna Finocchiaro, facevano presente che un via libera a Pecorella «ci farebbe più male» di una rottura con Di Pietro su Orlando. Meglio insomma rinunciare al candidato di Idv e dare un nome del Pd per la Vigilanza. Opinione condivisa da molti, nel partito.
E Di Pietro ieri sera faceva sapere di aver bloccato «l’inciucio che Veltroni e il Pdl avevano già chiuso su Pecorella», cercando «di far passare me per quello che pur di incassare l’elezione di Orlando lascia mettere l’avvocato di Berlusconi alla Consulta». Dal Pdl rimandano la palla al Pd: «Oggi Veltroni ci dica se vota Pecorella. Se dice no, cade anche Orlando». E da giovedì il Parlamento è convocato per votare «ad oltranza» fino alla fumata bianca.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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