Nel pieno della crisi politica, è guerra di mozioni sulla Rai in Parlamento. A Montecitorio è iniziata la discussione sulle mozioni di Fli e delle opposizioni (Pd, Udc, Idv) che dovrebbero essere votate mercoledì prossimo. In contemporanea, al Senato, il Pdl ha depositato una mozione in cui si denuncia il fatto che «in Rai, per effetto di una prolungata e consolidata egemonia della sinistra che si è sedimentata in decenni di potere organizzato all'interno dell'azienda pubblica, i principi di pluralismo e rappresentatività non sempre hanno trovato compiuta realizzazione».
Il documento più atteso alla Camera è quello di Futuro e libertà. «La Rai si avvia virtualmente al fallimento dal punto di vista dei conti prima ancora di quello dell'adempimento della missione di servizio pubblico», ha detto Benedetto Della Vedova illustrandola in Aula. «L'informazione non può essere dichiaratamente di parte. C'è un inadempimento delle missione di pluralismo e di qualità e quindi chiediamo un impegno concreto e forte al governo», ha aggiunto l'esponente di Fli sottolineando: «Dobbiamo prendere atto che, nell'ultimo biennio, con il governo di centrodestra, le cose stanno peggiorando. La Rai si sta balcanizzando tra fazioni governative nei Tg e antigovernative in alcuni programmi di approfondimento».
Dito puntato anche contro il direttore generale Mauro Masi: «Ritiene di stare in sella, ma è il cavallo della Rai che sta morendo». La proposta, ha annunciato Della Vedova, è «la privatizzazione della Rai. Abbattere la pressione fiscale sui cittadini italiani con un taglio che favorisce i ceti meno abbienti. Altrimenti la Rai muore come azienda. Qualcuno dovrà spiegarci perché un'azienda con conti in rosso ha deciso di cancellare un contratto positivo con Sky del valore di 50 milioni l'anno di introiti pubblicitari».
La mozione del Pdl al Senato, firmata da Alessio Butti, Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliarello, impegna il governo a garantire il corretto svolgimento del servizio pubblico e soprattutto il rispetto del pluralismo, ponendo in essere «tutte le misure che rientrino nelle sue competenze». Nel testo, tra l'altro, si punta il dito sulla sinistra parlando di uno «squilibrio egemonico che riguarda soprattutto le trasmissioni di approfondimento, i cosiddetti talk show, ma anche la proiezione dei film». Non manca un riferimento al Tg1: «Quanto alle recenti polemiche montate contro il Tg1, singolare è il fatto che contro il telegiornale si scaglino coloro che fino a qualche mese fa ne apprezzavano l'azione di rinnovamento. Basta leggere i dati recenti dell'Osservatorio di Pavia. Nell'ordine, le presenze dei politici dopo il presidente del Consiglio e quello della Repubblica, seguono Fini, Casini, Di Pietro».
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