Molti giornali italiani negli ultimi giorni hanno dato ampio spazio a Tariq Ramadan, intellettuale islamico neo-fondamentalista residente a Ginevra, nipote per parte di madre di Hasan al-Banna, il fondatore egiziano dei Fratelli Musulmani, cioè della casa madre del fondamentalismo islamico internazionale.
Si deve dialogare con Tariq Ramadan? O ha ragione chi pensa che si tratti solo del volto sorridente ma ingannevole della stessa cultura che ha prodotto l11 settembre?
Ramadan per il momento ha ottenuto dal dibattito quello che vuole da parecchi anni: conquistare comunque le prime pagine dei giornali europei. Avrà pure capito poco dellOccidente, Ramadan - come ha scritto sulla Stampa Gian Enrico Rusconi - ma una cosa lha capita, e molto bene. La pubblicità è lanima anche del commercio ideologico, limportante non è il contenuto della notizia ma che la notizia arrivi sui giornali. Non si tratta di un risultato modesto. Ci sono esponenti del mondo neo-conservatore e di quello neo-fondamentalista islamico molto più importanti di Ramadan.
Pensiamo al turco Fethullah Gülen, il cui movimento conservatore ha milioni di seguaci nel mondo, molti di più di quanti Ramadan ne possa anche soltanto sognare. Pensiamo alla marocchina Nadia Yassine, leader del movimento neo-fondamentalista marocchino «Giustizia e Benevolenza» che oggi afferma - con molti torti e qualche ragione - di avere vinto le elezioni dellultimo week-end in Marocco, dal momento che predicava lastensione e gli astenuti sono stati il sessanta per cento, privando così tra laltro gli odiati rivali del Partito della Giustizia e dello Sviluppo, che rappresenta un islam politico meno radicale, della vittoria prevista dai sondaggi.
Eppure questi personaggi restano sconosciuti al grande pubblico europeo, mentre si continua a parlare di Ramadan. Dovè il trucco? Certo, Ramadan è un buon agente pubblicitario di se stesso, ma non è neppure un grande oratore. Quando non era ancora candidato alla presidenza, Sarkozy lo fece a pezzi in Francia in un dibattito televisivo. Il motivo principale del suo successo mediatico è un altro. Allinterno dei Fratelli Musulmani è in atto da anni uno scontro generazionale. Ai leader storici egiziani, molti dei quali hanno più di ottantanni, si contrappongono i quarantenni e i cinquantenni come Tariq Ramadan, che innalzano la bandiera dellincontro fra le vecchie idee di Hasan al-Banna e la scienza politica occidentale. Ma questa seconda generazione neo-fondamentalista, è a sua volta divisa. Vi è chi guarda al neo-conservatorismo americano (e dialoga sottobanco con la diplomazia di Condi Rice), chi allesperienza delle democrazie cristiane degli anni 1950, e chi al marxismo e ai no global: una destra, un centro e una sinistra. Tariq Ramadan ha scelto con molta chiarezza lestrema sinistra. Sbaglia chi pensa che - se le sue idee dovessero prevalere - nellislam egiziano e in quello dellemigrazione nascerebbero dei nuovi Bin Laden. Emergerebbero piuttosto tanti piccoli Hugo Chavez musulmani: neo-marxisti no global riveduti e peggiorati dallincontro con lislam fondamentalista.
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