La Ramb e quel nostromo di Bogliasco

Il 30 giugno 1940 l’Italia entra in guerra e coloro che si trovano lontano dal suolo italico devono subirne le conseguenze. Siamo nel porto di Massaua, ventisei navi sono rimaste lì bloccate, fra di loro ci sono le Ramb: Ramb è l’abbreviazione di Regia azienda monopoli banane. Sono quattro unità costruite per il loro trasporto dalle colonie.
Modernissime navi da 3700 di stazza lorda e 18 nodi di velocità. Tre di loro, la 1, la 2, la 4, sono quelle ancorate nel porto. La Ramb 3 è rimasta nel Mediterraneo.
Da testimonianza pervenuta dal direttore di macchina Ferruccio Tonon sappiamo che la nave appena finito lo scarico delle merci imbarcate in Italia riceve un ordine perentorio: «rifornirsi di combustibile al massimo della capacità, fare scorta di viveri ed acqua e appena effettuate le operazioni di carico partire immediatamente con destinazione il porto di Kobe in Giappone!». Comandante e ufficiali trasecolano, commentano le difficoltà per l’attraversamento dello stretto di Bab El Mandeb, senza contare i disagi per affrontare il lunghissimo viaggio attraverso l’Oceano Indiano e gli altri mari prima di giungere alla meta designata.
Ma gli ordini devono essere eseguiti e la nave dopo aver terminato l’imbarco dell’occorrente è pronta per la partenza. Nella identica situazione si trovano altre cinque navi che hanno ricevuto gli stessi ordini. Due di loro non riusciranno a superare lo sbarramento dello stretto; verranno intercettate poche miglia dopo la partenza e affondate. La Ramb 2 e le altre rimaste, grazie alla perizia dei loro comandanti, superano l’insidia e abbandonato il Mar Rosso navigano nell’Oceano Indiano.
La Ramb 1 e l’Eritrea riusciranno a raggiungere il Giappone dove saranno accolte con tutti gli onori per un’impresa veramente eccezionale. Anche la Ramb 2 è riuscita a superare gli stretti e per sfuggire ad eventuali controlli si mimetizza dipingendo le murate, innalzando bandiere di Stati non belligeranti. L’accidentale avaria ad un motore non consente di proseguire la traversata. La riparazione viene effettuate velocemente, la sosta è breve, ma qualcosa sulla sua identità trapela, i sospetti vengono segnalati al consolato inglese.
Ripreso il viaggio si troverà all’altezza delle isole Chagos quando viene intercettata dal cacciatorpediniere Leander che gli intima l’alt. Il comandante fa alzare subito la bandiera svedese ma dal caccia tramite segnalazioni ottiche comunicano: «Sappiamo che siete italiani, dobbiamo procedere alla vostra cattura». La Ramb tenta di riprendere il cammino ma viene colpita da una cannonata a poppa che immobilizza il timone. Arriva un secondo avvertimento: «Abbandonate la nave, sarete affondati!». Fermata la nave il comandante ordina all’equipaggio di calarsi sulle barche di salvataggio e di allontanarsi. Lui rimane a bordo, vuole affondare con la sua nave. Da una scialuppa c’è il nostromo, un genovese di Bogliasco detto Squadretta, il quale non condivide la decisione del capitano. Con le mani a guisa di megafono, urla: «Comandante, scia no fasse u bellinoun, scia vegne zu... che a partia ormai ha l’è persa...». Un coro di approvazione accompagna le sue parole.

L’invito convince il comandante a raggiungere i suoi uomini. La nave verrà affondata, l’equipaggio, prigioniero sarà sbarcato nel porto di Colombo a Ceylon dove resterà recluso per tre mesi. In quel campo trascorreranno ben cinque anni prima di poter tornare in Italia.

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