RomaIl primo obiettivo era quello di disinnescare leffetto frastuono che rimbomba da domenica sera e da quel Lazio-Inter tanto discusso. Il secondo quello di tenere la tensione della squadra ai livelli di guardia. Chiuso e messo da parte il libro-scudetto («lo riaprirò giovedì mattina...»), Claudio Ranieri, nellultimo allenamento a Trigoria, ha urlato, perso la voce, cercato di svegliare i giocatori un po assopiti. «Oh, a che state a pensà?», il grido del tecnico giallorosso davanti a una Roma intorpidita più che arrabbiata per un titolo che si sta allontanando. «Di Lazio-Inter non dico nulla, guardiamo a noi stessi, non agli altri», lavviso ai naviganti di Ranieri. Il quale, per una volta, è daccordo con Mourinho: «La penso come lui, il calcio italiano non mi piace...». Un riferimento nemmeno tanto velato a quanto accaduto allOlimpico, teatro prima di uno spettacolo non edificante e stasera della finale di Coppa Italia, la quinta in sei anni tra romanisti e nerazzurri (bilancio parziale di due vittorie a testa).
Roma contro Inter, due società dalle politiche diverse, ma che pure sono risultate le dominatrici del post Calciopoli. «La Roma - ha evidenziato il tecnico di Trigoria - dopo la vittoria dello scudetto ha rivisto i propri piani, si è scoperta saggia nel cercare giocatori giusti a prezzi giusti. Moratti invece è una vita che spende ed è giusto raccolga una parte delle soddisfazioni che merita». Ma la finale di stasera è anche la sfida Ranieri-Mourinho: chissà se il tecnico giallorosso ha mai digerito la provocazione dialettica del collega di Setubal, il celeberrimo «zeru tituli». «I rapporti con lui sono buoni - ha detto diplomaticamente lallenatore della Roma - lo stimo. Sta facendo benissimo anche nel campionato italiano e si merita i successi che sta conseguendo».
Intanto vuole vincere il suo primo trofeo da allenatore della Roma, negando al portoghese quel triplete storico per il nostro campionato. Come storica sarebbe la vittoria giallorossa con tanto di stella di argento da cucire sulle maglie per i dieci successi nella competizione. Uno stimolo in più per far bene. «Tutto ciò che è sportivo mi dà grandi motivazioni...», il messaggio di Ranieri, unaltra frecciata indiretta al non spettacolo di domenica sera. Ma la sua concentrazione è rivolta solo alla finale che per il sorteggio sarà in casa dei nerazzurri, ma per le presenze sugli spalti parlerà più romanista. «Giusto giocarla qui, nella Capitale e nella città del Capo dello Stato (stasera però Napolitano non sarà in tribuna, in sua vece il presidente del Senato Schifani, ndr). Per noi rappresenta la fine di un percorso iniziato tra mille difficoltà - ha sottolineato lallenatore di San Saba - un percorso in cui la squadra ha saputo reagire diventando un tuttuno con il suo pubblico. Roma e Inter, protagoniste del campionato, si giocano anche questa finale. Non ci sono favorite: lInter è una corazzata, vince da 4 anni lo scudetto e sta facendo benissimo in Champions, ma anche la Roma ha dimostrato di valere tanto. E poi le difficoltà a noi piacciono, ce la giochiamo 50 e 50. Ma di una cosa sono certo: si deciderà tutto nei 90 minuti».
La ricetta predicata è quella solita dellumiltà e della compattezza, ma i supporter romanisti hanno chiesto alla squadra - visti gli ultimi eventi - di giocare a livelli agonistici molto alti. Niente strette di mano o abbracci, recita il tam tam delletere romano. «AllInter sono armadi, se la mettiamo sulla rissa perdiamo di sicuro, noi dobbiamo giocare il nostro calcio», la risposta di Ranieri. Che a proposito di possibili tensioni tra tifosi, ha sottolineato di non credere a incidenti «i nostri sostenitori devono venire per una festa, deve essere una prova di lealtà sportiva e basta». Lo disse anche alla vigilia del derby, sappiamo comè andata.
Recuperati Pizarro e Vucinic, davanti agirà ancora Totti, tornato in piena forma come dimostrato a Parma.
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