Milano - «Per celebrare i 150 anni dalla nascita, inizierò il concerto con una mia breve composizione dedicata a Puccini, e poi ci sarà una sorpresa pucciniana che non voglio svelare ma sarà molto gradita agli appassionati». Così il maestro Ennio Morricone presenta il suo spettacolo di domani sera al Lucca Summer Festival, unico artista «classico» del cartellone accanto a personaggi come Alicia Keys (domenica), i redivivi Chicago (il 26), Leonard Cohen (il 27).
Maestro ormai le distanze tra rock, musica leggera e colta sono scomparse o comunque molto ridotte...
«Certo in tutti i generi e gli stili c’è musica bella e musica brutta, non si può generalizzare. Ma la musica leggera arriva sempre con vent’anni di ritardo su quella colta. Molti pensano di suonare cose moderne che appena eseguite sono già decadenti».
Qual è il segreto di un brano immortale?
«La semplicità. Prendiamo Puccini, grande autore di musica per il teatro. Io ho analizzato a fondo la partitura di Tosca, la sua opera che preferisco, ed è meravigliosa proprio per la semplicità delle melodie. Questo la rende originale».
Come si diventa un grande compositore?
«Studiando a fondo tutta la storia della composizione. Uno deve imparare a scrivere come Bach e Frescobaldi, come Mozart e Cimarosa, poi se riesce a rielaborare tutte queste cose e a far emergere la sua personalità diventerà autore, compositore. Ma è un lavoro che non consiglio a nessuno».
Perché?
«È considerato un lavoro di élite; ce ne sono tanti bravissimi che non lavorano e lo Stato non li aiuta».
Comporre per il cinema è differente?
«Be’, la musica per i film di solito viene commissionata, quindi è al servizio dell’opera principale. Premetto che tutta la musica è commissionata, dalle Cantate per la Messa ai libretti d’opera, alla musica popolare nata per eventi come matrimoni, funerali, il Carnevale. Ma la colonna sonora ha un rapporto filiale col film. Per scrivere musica da film bisogna rispettare quella che io chiamo regola dell’est: cioè energia, spazio, tempo. Energia per trasmettere forza alle immagini. Spazio e tempo per dar modo alla musica per emergere nei tempi giusti e non essere soffocata dalle immagini».
Domani esegue un omaggio a Mauro Bolognini, La battaglia di Algeri, La leggenda del pianista sull’oceano, Queimada, C’era una volta in America, Metti una sera a cena e naturalmente i temi dei western di Sergio Leone. Cosa prova eseguendole oggi?
«Le colonne sonore sono figlie mie e non ho mai partorito figli mongoloidi. Per quanto riguarda quelle di Leone in concerto le vivo meglio. In studio c’è il cronometro, siamo costretti a velocizzare per interpretare l’immagine. Dal vivo è tutto diverso».
Sta lavorando per il cinema?
«Ho appena terminato Baaria di Tornatore e sto lavorando a Risoluzione 819 di Giacomo Battiato e Pane e libertà di Alberto Negrin».
E sul fronte delle opere?
«Ad agosto eseguirò in prima assoluta una nuova Cantata, e poi sto preparando un’opera dedicata al Futurismo, visto che l’anno prossimo sarà il centenario di questo movimento che ha rappresentato il vero salto in avanti della nostra arte».
A lei non piacciono troppo le canzonette ma agli inizi è stato arrangiatore per Morandi, Paoli, in brani come Fatti mandare dalla mamma e Sapore di sale.
«Ho detto che mi piace la bella musica, e quindi anche tante canzoni di oggi, che ascolto ma che non conosco. Non seguo molto ciò che accade. Quelle di Paoli, Tenco, Guccini hanno il sapore dei classici in un felice matrimonio tra parole e musica».
C’è qualche fenomeno nella musica moderna che le piace o la incuriosisce?
«Il rap ma, come dicevo
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