Il «Ratto» con le marionette è un Mozart da applausi

Teatro «di legno» al Grassi di Milano. La Compagnia Lindauer fa centro con un allestimento superlativo. Domani il «Don Giovanni» conclude la serie

Piera Anna Franini

da Milano

Una presenza scenica superlativa, gesti parlanti in perfetta armonia con l’espressività di testo e musica. Una naturalezza del porgere degna di un cantante navigato. Il fatto sorprendente è che tali qualità erano estese – con i dovuti distinguo - all’intera compagnia una volta tanto ricca di punte, coesa e capace di consegnare un Ratto dal serraglio di Mozart squisito. Tanto successo – applausi a scena aperta – senza neppure aprire bocca, gli artisti hanno infatti cantato in playback. Come? L’espressività era totalmente affidata al lavoro registico di sette ragazzi intorno ai 30 anni e che da cinque hanno messo su una Compagnia dalle quote in continua ascesa. Stiamo parlando della compagnia di marionette Lindauer, lunedì e martedì al teatro Grassi di Milano per l’allestimento del Singspiel di Mozart.
Marionette sollecitate con arte tramite una rete di fili e quindi dotate d’una anima. Ecco la gestualità grezza di Osmin, il goffo visir del palazzo di Selim il Pascià. I movimenti di Blonde, la cameriera inglese di Costanze, conoscono la leggerezza della libellula e il piglio della donna vezzosa che tiene in pugno l’amato Pedrillo e alla larga Osmin.
È impettita Blonde quando reclama la libertà della donna europea rifuggendo le avance di Osmin e le norme di sottomissione islamica. Anche i gesti di Pedrillo orbitano nella gamma del brio, uno spasso unico quando induce Osmin all’ubriachezza mentre le tirate ironiche in tema di Islam - come da libretto settecentesco - scivolano via come l’olio, speriamo senza strascichi. L’armonia del gesto spetta alla coppia nobile, a Costanze e a Belmonte spesso coinvolti in scena di puro lirismo, prive di azione e quindi di difficile risoluzione per una marionetta. Eppure rimane stampata in testa la silhouette elegante dei due, nera, stagliata su un fondale luminoso. Nelle arie di coloratura, quando la marionetta-Costanze si nega al movimento per concentrarsi sulla linea vocale vorticosa, in platea sembra avvertire le vibrazioni di un corpo impegnato in questa difficile ginnastica canora. Lo sguardo di Costanze, dapprima malinconico e sempre volto verso il basso, via via acquista la luce del sorriso (le bocche sono azionate da contrappesi). La nobiltà – anche d’animo – del Pascià traspare dal quel profilo elegante, mediorientale, da uno sguardo che si nega ai più, dall’incedere patrizio.


Le sottigliezze emotive vengono tradotte come non sempre riesce ad artisti in carne ed ossa, la luce e la cura certosina della regia accrescono la fisicità delle marionette alle quali il teatro Grassi in collaborazione con il Piccolo teatro e la compagnia Carlo Colla e Figli ha dedicato il Festival Mozart, sei spettacoli (ultimo giovedì: Don Giovanni e la Compagnia di Praga) tutti nel nome di Mozart e con le maggiori compagnie marionettistiche d’Europa. Rassegne che dimostra la vitalità e attualità di un genere che l’Italia continua a non tenere in dovuto conto.

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