Ratzinger tra le macerie del terremoto: «Vorrei abbracciarvi tutti, a uno a uno»

nostro inviato all’Aquila

A rimanere impresse nella memoria delle persone che ieri sotto la pioggia, nel fango, hanno accolto Benedetto XVI in Abruzzo non saranno innanzitutto le sue parole, ma i suoi gesti. Incontrando i superstiti, il Papa, prima di parlare, ha ascoltato e, soprattutto, ha abbracciato. Commosso, continuava a stringere le mani e le braccia di Tiziana, la mamma di Onna, alla quale il terremoto ha strappato la piccola figlia. Benedetto XVI ha camminato nella tendopoli del paesino divenuto il simbolo della tragedia, incrociando i volti e gli sguardi della gente che piangendo lo ringraziava per essere venuto a testimoniare di persona la sua vicinanza. Una vicinanza palpabile, che ha lasciato il segno sull’abito bianco del vescovo di Roma, le cui maniche, dopo la prima immersione tra la folla, apparivano ingiallite e macchiate.
Il Papa ha invitato a ricostruire «case e chiese solide», e detto che anche la comunità deve «fare un serio esame di coscienza», perché «il livello delle responsabilità, in ogni momento, mai venga meno». La visita ai terremotati si è svolta con un tempo inclemente. La pioggia battente e la nebbia hanno impedito che Ratzinger giungesse in elicottero, costringendolo a servirsi della macchina e provocando così un ritardo di un’ora sul programma. Ad Onna ha percorso un breve tratto della via dei Martiri, e ha potuto toccare con mano la devastazione. Accolto dal responsabile della Protezione civile Guido Bertolaso e dal sottosegretario Gianni Letta, nella tendopoli ascolta i racconti degli scampati, tra i quali il giornalista del quotidiano Il Centro, Giustino Parisse, che sotto le macerie ha perso due figli e suo padre, e ci sono anche dieci volontari musulmani del «Islamic Relief» di Milano, presenti qui per portare aiuto. Il Papa salito su una pedana ha detto: «Vi sono stato accanto fin dal primo momento, ho seguito con apprensione le notizie condividendo il vostro sgomento e le vostre lacrime... Ora sono qui, tra voi: vorrei abbracciarvi con affetto uno ad uno. La Chiesa tutta è qui con me, accanto alle vostre sofferenze».
Benedetto avrebbe voluto sorvolare le zone colpite con l’elicottero. «Se fosse stato possibile, avrei desiderato recarmi in ogni paese e in ogni quartiere, venire in tutte le tendopoli e incontrare tutti». Ratzinger ha così spiegato il significato del suo viaggio. «Cari amici: la mia povera presenza tra voi vuole essere un segno tangibile del fatto che il Signore crocifisso vive; che è con noi, che è realmente risorto e non ci dimentica, e non vi abbandona». La risposta concreta di Dio «passa attraverso la nostra solidarietà, che non può limitarsi all’emergenza iniziale, ma deve diventare un progetto stabile e concreto nel tempo». Per questo il Papa incoraggia «tutti, istituzioni e imprese, affinché questa città e questa terra risorgano». Una parola di conforto ai sopravvissuti riguarda coloro che sono morti, i quali, dice Benedetto XVI, «attendono di veder rinascere questa loro terra, che deve tornare a ornarsi di case e di chiese, belle e solide». Nel loro nome «ci si deve impegnare nuovamente a vivere facendo ricorso a ciò che il terremoto non può distruggere: l’amore».
Poi, dopo aver accarezzato il capo delle suore dell’asilo di Onna, che non hanno più visto tornare due dei loro bambini, salito su un pulmino della Protezione civile, Ratzinger è giunto alla basilica di Collemaggio, in gran parte distrutta dal sisma, e ha venerato, all’entrata, l’urna contenente le spoglie di san Celestino V, il Pontefice del «gran rifiuto» di dantesca memoria, che si dimise nel 1294. Sull’urna il Papa ha deposto in dono il pallio che aveva indossato il giorno della messa di inizio pontificato e guardando le macerie della basilica, ha esclamato: «È peggio di come pensavo guardando le immagini in Tv». Un’altra sosta c’è stata davanti alla Casa dello Studente, dove si erano radunati alcuni dei sopravvissuti. Infine l’arrivo alla caserma di Coppito, il quartier generale dei soccorsi, dove ha salutato a uno a uno i sindaci dei Comuni colpiti dal sisma e dove l’attendevano qualche migliaio di terremotati. L’Arcivescovo Giuseppe Molinari si è augurato che la visita papale faccia rinascere la speranza, il sindaco Massimo Cialiente, con la voce rotta dall’emozione, ha chiesto al Pontefice di pregare per le persone colpite «perché ne abbiamo tanto bisogno» ha detto. Benedetto XVI ha ringraziato le istituzioni e tutti i soccorritori: «Grazie dell’esempio che avete dato. Andate avanti uniti e ben coordinati, così che si possano attuare quanto prima soluzioni efficaci per chi oggi vive nelle tendopoli». Ha parlato dell’«anima» e della «passione» che sta dietro all’opera di solidarietà. Infine ha concluso ricordando che serve da parte della comunità civile «un serio esame di coscienza, affinché il livello delle responsabilità, in ogni momento, mai venga meno». Solo così «L’Aquila, anche se ferita, potrà tornare a volare».


Al termine dell’incontro, dopo aver sostato in preghiera e donato una rosa d’oro alla Madonna che troneggiava sul palco, risalendo i gradini della tribuna coperta, è scivolato ma è stato prontamente risollevato dal segretario don Georg.

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