Ravasi debutta: «Nei bassifondi di Milano spettri del male»

Un fiume di persone sotto la pioggia, in coda davanti al Duomo. Non preme per entrare nello scatolone azzurro-Tiffany, alle undici del mattino. È la folla che vorrebbe assistere alla messa dell’Immacolata, in molti non riusciranno a superare il servizio d’ordine e a sistemarsi in un angolino in piedi sotto le navate. La funzione è concelebrata dall’arcivescovo Dionigi Tettamanzi e dal neo-cardinale Gianfranco Ravasi invitato da Tettamanzi a festeggiare il suo nuovo incarico. «Ho amato questa città in tutte le sue espressioni - Ravasi ha parlato a braccio - sono convinto che possa andare più in alto rispetto a quello che rappresenta nel tessuto internazionale perchè ha cuore, intelligenza e umanità. È vero anche che ci sono bassifondi dove si muovono gli spettri del male, la solitudine che si annida nello spazio caldo di una casa, l’indifferenza reciproca, l’odio che ramifica la sua mano gelida nella società, la paura dell’altro, così difficile da vincere - e sulla quale Tettamanzi è più volte intervenuto - che genera ancora male e odio». Ravasi ha ricordato che la lotta fra bene e male è «ad armi pari» e «Maria è sopra tutto questo e ci invita a scegliere dove stare». Dobbiamo riconoscere nella storia e nella vita di tutti i giorni, «i tanti raggi di luce, gli esempi di carità. Milano è anche molto bella, a cominciare dal suo Duomo, talvolta sfregiato ma pur sempre irraggiante vita. Se è vero che ad ogni ora c’è una morte è anche vero che c’è sempre una nascita e se non lo è fisica è un seme di speranza, ci sono sempre due persone che si innamorano, c’è sempre la tenerezza ed è questo che dà calore alla nostra esistenza». Il neocardinale che Tettamanzi ha elogiato «come uomo capace di intrecciare Parola e cultura» («tu ci hai insegnato a vedere la Parola di Dio come il Verbo che si fa carne nella cultura dell’uomo») ha augurato ai milanesi di «sentire la Parola in maniera più intensa delle sue parole», ha citato un’immagine cara a Sant’Ambrogio, quella di una donna che spia l’orizzonte sulla riva del mare, in attesa di vedere avvicinarsi la nave dello sposo, «quest’attesa non si può esprimere, è tutta interiore - ha detto Ravasi - Così dovete cercare nel vostro orizzonte la luce della Parola».

Per concludere la sintesi che Bernardino Telesio, filosofo del ’500 scrisse della sua Cosenza: «La mia diletta città potrebbe benissimo fare a meno di me, ma sono io che non posso fare a meno di essa, che mi scorre nelle vene e mi pulsa nel cuore».

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