Rubavano monili, protesi ortopediche e denti doro dai cadaveri esumati, e arredi pregiati di marmo dalle tombe. Sì, proprio così. Le indagini condotte dai carabinieri del comando provinciale hanno portato a individuare una banda che razziava le tombe a Staglieno. È qui, nel cimitero monumentale sacro ai genovesi, che hanno agito sette dipendenti del Comune, quattro tumulatori e tre ispettori, da tempo nel mirino degli inquirenti. Le accuse a loro carico sono diverse, e vanno dal vilipendio di tombe alla sottrazione, distruzione e soppressione di cadavere, dal peculato al furto di arredi di interesse storico e artistico.
Secondo quanto accertato dai militari dellArma, tutto avveniva nella sala lavori del cimitero, dove i resti riesumati dopo i ventanni canonici trascorsi dalla sepoltura venivano spogliati di tutto ciò che poteva fruttare del denaro. Da lì, i materiali venivano «trasferiti» in armadietti, in attesa di essere rivenduti. Lindagine, che pure ha già accertato parecchio, non si ferma. Si può dire anzi che sia «allo stato embrionale» e debba riservare ulteriori sorprese. Lo ammettono a denti stretti, anche loro quasi increduli, i carabinieri della Compagnia Portoria, sottolineando che nei giorni scorsi è stata solo depositata una prima informativa con un gruppo di nomi che però il pubblico ministero incaricato, Vittorio Ranieri Miniati, non avrebbe ancora iscritto sul registro degli indagati. Tantomeno ci sono arrestati. Linchiesta infatti, ribadisce anche il procuratore capo Francesco Lalla, è in fase del tutto «preliminare».
La vicenda è emersa da una denuncia fatta un mese fa in forma anonima proprio alla stazione carabinieri di Portoria. I militari hanno condotto approfonditi accertamenti, arrivando a individuare un gruppo di nomi sui quali condurre approfondimenti. Le reazioni dellamministrazione comunale, da cui dipende il cimitero di Staglieno, sono affidate al direttore generale Mariangela Danzì: «Nei mesi scorsi - sottolinea - anche il mio ufficio ha fatto delle segnalazioni, ma le presunte razzie ai cadaveri non mi colgono di sorpresa. Questi lavoratori, sempre a contatto con la morte, e addetti a unattività ritenuta socialmente poco qualificante, sono soggetti a un abbruttimento psicologico. Quanto accade è sintomatico di uno stress che può sfociare in una devianza o in una depressione».
Ma la soluzione non può essere laumento di stipendio, anche se Mariangela Danzì ammette: «Abbiamo anche dato del denaro in più a chi svolge questo tipo di lavoro, ma alla fine non è con gli incentivi o con le punizioni che si governa. Pensiamo che la risposta al problema possa essere quella di una rotazione del personale e una vigilanza sanitaria del loro stato psicologico. Peccato che il legislatore ritenga non ci siano stress correlati al lavoro nelle pubbliche amministrazioni - conclude -. Invece ci sono. Ad esempio anche gli addetti ai servizi sociali, spesso sviluppano forme di depressione, demotivazione, e senso di inadeguatezza.
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