Fra Re Giorgio e SuperMario gioco di sponda sulle riforme

Napolitano spiana la strada a Monti: sprona i partiti a trovare l’intesa sul welfare e rassicura sulla tenuta dell’esecutivo. Verso un vertice tra il Prof e i leader dei partiti

Fra Re Giorgio e SuperMario  gioco di sponda sulle riforme

Un po’ come i fratelli Abbagnale. Monti e Napolitano vogano insieme con una sincronia perfetta. Quasi sospetta: come se il presidente del Consiglio andasse alla ricerca dell’appoggio del Colle piuttosto che di Montecitorio e palazzo Madama. Anzi, il Parlamento è visto dal premier come un fastidioso freno alle sue riforme, non già come luogo dove trarre una spinta per portarle a termine. I partiti sono sabbia negli ingranaggi montiani che immancabilmente Napolitano cerca di sciogliere con l’olio dei suoi moniti. Certo, il Professore preferirebbe concordare preventivamente le sue misure con i maggiori partiti che lo sostengono così che anche loro «ci mettano la faccia».

Non da oggi si parla di cabina di regia tra i leader di Pdl, Pd e Terzo polo, ma l’ipotesi è ancora troppo fumosa per vedere la luce a breve. Nessuno ha voglia di mischiarsi troppo all’altro. Però Monti vedrà i tre segretari in settimana. In ogni caso il Professore non cambia la sua rotta. E mentre il Mario (Giuseppe) Monti (Abbagnale) dà un colpo di remo sul fronte delle liberalizzazioni, il Giorgio (Carmine) Napolitano (Abbagnale) ne dà uno su quello del mercato del lavoro. Vogate in simultanea anche ieri: Monti aveva appena finito di dire, terminato il suo viaggio negli States, che «torno a Roma più determinato che mai a continuare il nostro lavoro sulle riforme economiche» che Napolitano, da Helsinki, lo spingeva perché «ai sacrifici per uscire dalla crisi non abbiamo alternative». Insomma, inutile mettersi di traverso perché la barca continuerà a navigare in quella direzione: la rotta è segnata. Monti giura: «Avanti su liberalizzazione e lavoro, spero con parti sociali» e Napolitano immancabilmente gli fa da sponda: «L’accordo sulla riforma del mercato del lavoro si troverà».

Con un vogatore accanto come Napolitano - che nulla eccepisce sulla navigazione a colpi di fiducia - Monti ostenta ottimismo: «Non sono affatto preoccupato», dice a proposito della montagna di emendamenti che attendono in Senato il suo provvedimento sulle liberalizzazioni; e il Colle lo rassicura: «Il governo tiene perché i partiti non stanno per rovesciare il tavolo: non è nel loro interesse né nell’interesse del Paese». Infatti arrivano incoraggiamenti dai partiti che appoggiano il premier. Sulle liberalizzazioni Pdl e Pd parlano in coro: «Le nostre proposte di modifica servono a rafforzare e accelerare il provvedimento», giurano sia Maurizio Gasparri (Pdl) sia Anna Finocchiaro (Pd); mentre Pier Ferdinando Casini si spinge ad annunciare che l’Udc «è pronto a ritirare tutti i suoi emendamenti». Vietato disturbare i rematori.

L’altro scoglio, si diceva, è la riforma del mercato del lavoro. «Intendiamo portarla a termine, speriamo con l’accordo delle parti sociali, entro fine marzo», ordina il timoniere Monti. Certo, la traversata sarà tormentata visti i niet della Camusso e di parte del Pd; ma niente paura, a remare nella stessa direzione c’è sempre il Quirinale che mette le mani avanti: «Auspico che possano non esserci protese che escono dal solco della legalità e che in un Paese democratico non potrebbero essere tollerate». Un preventivo pugno di ferro nei confronti delle prossime proteste sindacali e sinistrorse.
Insomma, Napolitano fa di tutto per spianare la strada a Monti e quello che sta accadendo ad Atene, paralizzata per le ricette all’insegna di tagli ed austerity, non deve preoccupare perché «l’Italia non è la Grecia», giura il Quirinale. Certo, non servono soltanto lacrime e sangue. E guarda caso il Colle si mette sulla scia del pensiero montiano riguardo allo sviluppo: «l’Europa deve avere una crescita competitiva e sostenibile», dice Napolitano ricordando che a marzo il Consiglio europeo dovrà parlare di crescita.

E la crescita è il pallino del premier, consapevole che per aver rimesso in carreggiata i conti pubblici ha dovuto prendere misure durissime dagli effetti recessivi sull’economia.

Ma Monti procede in ogni caso spedito, forte di almeno quattro elementi che sono mancati a Berlusconi: grande stampa supina, intenta a incensare il nuovo e sobrio corso; media internazionali cordiali, grazie anche all’eco che su di loro hanno i maggiori quotidiani nazionali; magistratura anestetizzata, rassicurata pure sulla modifica della norma che introduce la responsabilità civile dei giudici; atteggiamento benevolo di Napolitano, lungi dall’eccepire i requisiti di necessità e urgenza ai provvedimenti messi in cantiere dal premier.

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