Il re muore (e noi con lui)

Al Teatro Studio l’opera che Ionesco scrisse di getto nel 1962 dopo aver subito un’operazione

Totò le aveva dedicato la sua famosa 'A livella, la bellissima poesia che ne esalta l'uguaglianza sociale mentre Ionesco ha affrontato il tema spinoso della morte alla sua maniera, cercando, cioè, di esorcizzarne la paura attraverso le pagine ironiche del suo Il re muore, l'opera grottesca in scena, fino al 25 maggio, al Piccolo Teatro Studio, per la regia di Pietro Carriglio.
Un testo straordinariamente attuale che prende per mano lo spettatore accompagnandolo in una sorta di esame di coscienza della sua condizione di uomo, di quel suo modo di aggrapparsi alla vita che, spesso, sfocia nel disperato tentativo di sottrarsi ad un evento ineluttabile quale la morte fisica, che sembra appartenere ad altri, quasi fosse un argomento che non ci riguarderà in prima persona. Invece, inevitabilmente, arriva un momento nel quale siamo costretti ad affrontare il nostro destino finale, magari con il sopraggiungere di una malattia come nel caso del commediografo francese di origine romena. Eugène Ionesco scrisse, infatti, quasi di getto Il re muore dopo aver subito una delicata operazione chirurgica, allo scopo di esorcizzarla attraverso «un apprendistato della morte».
Morte, del resto, che è sempre stata una sua particolare ossessione: «Dall'età di quattro anni - dichiarava Ionesco-, da quando ho saputo che dovevo morire, l'angoscia non mi ha più lasciato. È come se avessi capito d’un tratto che non c’era niente da fare per sfuggirle e che non c’era più nulla da fare nella vita. Scrivo anche per gridare la mia paura di morire, la mia umiliazione di morire. No, non c’è niente, veramente niente in me che acconsenta ad accettare la morte».
Rappresentata per la prima volta, il 15 dicembre 1962, a Parigi, la pièce ha come suo protagonista principale Berénger (un personaggio caro a Ionesco visto che lo fa comparire in ben quattro opere) un re che apprende dalla moglie e dal medico di corte la notizia della sua imminente morte. La sua reazione è quella che accomuna tante persone, fatta di rifiuto ma anche di ribellione non solo contro l'inevitabile e non procrastinabile fine, ma anche contro l'inadeguata preparazione dell'uomo nel dover affrontare una simile condizione senza speranza. Alla fine, l’unico modo per sconfiggere la morte è quella di saperla accettare.

Abbastanza evidenti sono le numerose analogie con Finale di partita di Beckett e non a caso, questa edizione del dramma di Ionesco, interpretata da Nello Mascia, Alvia Reale, Eva Drammis, Aldo Ralli, Fiorenza Brogi, Sergio Basile, è stata «immaginata - spiega carriglio - come metafora del teatro, scenario privilegiato per raccontare la crisi della modernità, innestata sulle macerie del teatro beckettiano».
Il re muore
Teatro Studio
Dal 13 al 25 maggio
Informazioni 848800304

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