Recensione di un libro praticamente inimitabile

Sapete che spesso in redazione arrivano libri e qualche volta la recensione diventa un piacere. Il problema però che oggigiorno, in Italia, la mania di scrivere sta tarantolando tutti e se non hai pubblicato qualcosa non sei nessuno. Così, capita che molti paghino addirittura di tasca propria per vedere il proprio nome sulla copertina e sentirsi scrittori per un giorno, con il tutto - copertina, nome e libro annesso - che sparisce dagli scaffali praticamente il giorno stesso. Lo hanno detto in fondo gli editori presentando tempo fa una loro ricerca di mercato: su dieci pubblicazioni arrivate in libreria, circa sette vendono zero o una copia (zero è proprio zero e una è propria una), delle restanti molte superano a stento quota dieci. Quelle che fanno boom probabilmente sono l’uno o due per cento. Insomma: molta carta buona per il macero. Ma questo non è il caso, perché poi ci arriva anche roba buona, tanto buona che quasi non abbiamo il coraggio di aprire il libro per evitare di consumarlo. Davvero: l’edizione è ottima, il disegno di copertina è ammirevole, le 81 pagine assicurano una lettura veloce incisiva, l’autore è un professore universitario. E soprattutto c’è la spiegazione che introduce: «Questo libro è un flusso, un movimento necessario, sociale e personale, condiviso e intimo. Attraverso la letteratura, l’autore cerca di liberare energie. Contro l’irrigidimento, la fissità, per il movimento che attraversa la metafora riesce a inventare storie e stili. Come in ogni libro, per riuscire l’autore deve liberarsi dalle maniere e trovare la propria voce. E questo è un libro proprio sul liberarsi dalle maniere e trovare la propria voce, cosa necessaria». Indispensabile, diciamo noi. Tanto da andare direttamente al capitolo uno, che comincia così: «Le poesie e i romanzi sono metafore cui la realtà costringe.

Dire è fluire, lasciare che il mondo scorra attraverso di noi. L’acqua non è una metafora». Vero, così come questo libro sarà sicuramente un successo: in fondo è sicuramente meglio della Settimana Egnigmistica. E molto probabilmente non vanterà troppi tentativi di imitazione...

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