La recita forzata dell'ex buonista che usa il bazooka

Veltroni dovrebbe ricordarselo, perché sono parole sue: non si cancella un'emozione. Un' emozione che passa dal portiere Pizzaballa da Bergamo, che spettina il ciuffo di John Kennedy, e s'infila sotto la giacca di Fonzie. Non si può. Non si passa dal buonismo loffio al cattivismo spinto così, con la stessa nonchalance con cui Mastella passa da destra a sinistra. È come chiedere a Topo Gigio di presentarsi ai bambini col bazooka a tracolla: sa di finto come il labbro inferiore di Valeria Marini. E poi, diciamolo, Veltroni comunista suona proprio male. Sembra il titolo di una storia a fumetti: Paperino pasticcere, Nonna Papera sindaco e oggi in edicola Veltroni comunista. Ma dai, troppo falso.

E in fatti false e strumentali han rimbombato le sparate di ieri del nuovo segretario bazooka. Dai Castelli Romani, patria del bianco Frascati Superiore (garantiamo: al momento della dichiarazione Veltroni non l'aveva ancora bevuto), Walter ha sturato le bocche di fuoco dell'artiglieria pesante. Nell'ordine: le balle di Berlusconi, i giornali che lo snobbano, il partito in crescita. Dopo la cannonata atomica dell'altro giorno su Alitalia salvata da lui medesimo (la Longobarda in serieA sarebbe stata una notizia più credibile), Veltroni è arrivato a difendere il governo Prodi sulla lotta all' evasione. Una novità epocale, visto che fino a ieri il nome di Prodi non riusciva neanche a pronunciarlo: pare che una volta, sentendolo nominare, si sia infilato due dita nelle orecchie recitando ad alta voce la formazione della Juve 1966/67.

Ma adesso Veltroni è alle prese con la recita forzata: dopo averlo condannato, ora fa il verso a Di Pietro come Pippo Franco al Bagaglino. Dei suoi telegenici sorrisi al Pd non sanno più che farsene. Dunque non gli resta che shakerare il campanaccio dell'antiberlusconismo, suonare il trombone del pericolo democratico, e buttarla tutta in piazza. E il dialogo? La voglia di «farla finita con lo scontro feroce», come teorizzava il 27 giugno 2007 al Lingotto di Torino? Tutto in soffitta sotto gli scarpini di Pizzaballa. Meglio imbracciare il bazooka di Topo Gigio, paragonare Berlusconi a Putin, e fare bang.

La strada del confronto, del resto, è impegnativa: per confrontarsi bisogna proporre, e per proporre bisogna avere idee. E di quelle, al Pd, non v'è traccia: più facile trovare un chinotto nel deserto del Gobi. Riuscirà la nuova maschera di Walter-Ego a salvarlo dalle frecciate dei compagni? Macché. Il prodiano De Castro dice: «Così sbandiamo, non c'è un clima da scontro». Gli ulivisti lo mettono al muro: «Adesso Veltroni ammetta di essersi sbagliato».

Equi sta il problema: come si fa ad ammettere di non essere più se stessi? Comesi può passare in un nanosecondo dalle notti bianche alle bandiere rosse? Dall' amarcord di Patty Pravo in regalo con L'Unità, ai soliti ritornelli di Di Pietro? Dal «Si può fare» al «si può fare (casino)»? È un voltafaccia da torcicollo fulminante. Per riuscirvi, occorre essere clinicamente schizofrenici o mirabilmente diabolici. E Veltroni non è né l'uno né l'altro.

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