Milano Comunque vada a finire, la sentenza del giudice Raimondo Mesiano a favore della Cir di Carlo De Benedetti segna quasi sicuramente un record nazionale: quello del risarcimento più alto riconosciuto da una sentenza a carico di una singola parte. Il record finora apparteneva ad unaltra sentenza di cui le cronache si erano dovute occupare a lungo, i mille miliardi di lire riconosciuti alla Sir del petroliere Nino Rovelli e scuciti dallImi, cioè dal ministero del Tesoro.
È un primato che viene quasi polverizzato. Per lesattezza, il risarcimento concesso alla Cir di Carlo De Benedetti dalla sentenza depositata sabato ammonta a 749.955.611,93 euro per danni materiali, cui vanno aggiunti - oltre ai danni morali di cui si faranno i conti a parte - oltre 23mila euro di spese legali e due milioni di parcelle per i difensori dellIngegnere. Il totale supera i 751 milioni di euro. In lire, si parlerebbe quasi di 1.450 miliardi. Roba da fare venire il malditesta.
Come sia arrivato il giudice Mesiano a calcolare la somma lo si scoprirà soltanto quando - forse già stamattina - verranno consegnate a vincitori e vinti le motivazioni della sentenza. Esse dovranno sciogliere almeno due nodi fondamentali. Uno più giuridico, cioè il diritto di De Benedetti a ottenere il risarcimento per il solo fatto della corruzione del giudice Metta, senza cioè appurare se la sentenza che nel 1991 strappò allIngegnere il controllo della Mondadori fu giusta o sbagliata. Il secondo, per così dire, più contabile: come si possa calcolare con esattezza il danno che derivò a De Benedetti da una vicenda di cui quella sentenza fu solo uno dei passaggi, e che comunque si concluse - come continuano a sottolineare i legali di Berlusconi - con un accordo che mise fine alla guerra con la spartizione dellimpero Mondadori. Si tratta di un calcolo reso impervio dai quindici anni che sono passati e dal profondo cambiamento che tutti gli scenari - sia interni alle aziende in causa sia nel mercato azionario - hanno vissuto in questi tre lustri.
Il calcolo è così complesso che gli stessi difensori di De Benedetti hanno dovuto aggiustare il tiro in corso di causa. La richiesta iniziale era stata di oltre 468 milioni di euro, già allora frutto di calcoli decisamente complicati. Il ragionamento di fondo partiva dalla ipotesi di accordo cui Cir e Fininvest avevano lavorato sotto gli auspici di Mediobanca nella primavera del 1990, prima di andare allo scontro frontale. Quellipotesi di accordo prevedeva già la spartizione del gruppo Mondadori: a Berlusconi i libri e le riviste, a De Benedetti Repubblica, lEspresso e un conguaglio di circa 400 miliardi di lire. Non se ne fece nulla. Dopo la sentenza della Corte dappello di Roma che aveva assegnato a Berlusconi il controllo della Mondadori, la spartizione avvenne ugualmente, nellaprile 1991: ma a intascare il conguaglio, di circa 350 miliardi di lire, fu la Fininvest. Morale della favola, secondo gli avvocati dellIngegnere: il danno di De Benedetti equivale alla somma tra i soldi che avrebbe incassato con il piano di Mediobanca, e quelli che invece dovette scucire in base allintesa finale.
Strada facendo, De Benedetti ha modificato al ribasso le sue richieste, fino a fissarle nellultimo atto della causa in 390 milioni di euro, più rivalutazione e interessi (che, dal 1991 ad oggi, prevedono allincirca il raddoppio del capitale iniziale). Ma ha anche messo sul tavolo richieste di danni che non nascono direttamente dal caso Mondadori: la sconfitta nello scontro con Berlusconi, sostiene, gli costò anche altre conseguenze, come la sconfitta nella scalata Sme.
LF
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