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Red tv, "rossa" che bruca 4 milioni allo Stato

D’Alema presenta il nuovo palinsesto della "sua" televisione. Ma il 75% delle entrate proviene da finanziamenti pubblici. E Nessuno Tv accede ai contributi perché fa capo a cinque parlamentari di Pd e Idv

Red tv, "rossa" che bruca 4 milioni allo Stato

È con viva soddisfazione che possiamo salutare un 25 Aprile storico: finalmente tutti quanti festeggiano senza se e senza ma, ma più che altro tutti quanti salutano il travolgente successo dell’unica rete televisiva sinceramente democratica, orgogliosamente libera. Per i pochi che ancora non la guardano, è «Red». Anche se l’interessato non vuole sentirselo dire, è la televisione privata di Massimo D’Alema, benché debitamente travestita con un editore chiamato «Nessuno Tv». E comunque, perché i subdoli la smettano di insinuare che la televisione sarebbe sua, è D’Alema che s’incarica di presentare la nuova ondata di programmi e di tracciare un primo bilancio dell’avventura, a sei mesi dalla nascita.
Certo a qualcuno interesserà moltissimo sapere che lunedì, con il palinsesto allargato da quattro a nove ore giornaliere, «Red» partirà alla grande con la tribuna politica di Ritanna Armeni, con una specie di reality per trovare il prossimo leader del Pd, nonché con una serie tv di provenienza americana. Imperdibili. «Abbiamo una tv piccola, di nicchia - spiega Massimissimo -, ma è una tv vera. Se si sposa cultura e buon gusto...».
Anche questa è una lezione. Stanco della televisione trash di quest’epoca inaudita, D’Alema sta dimostrando al suo Paese come si fa. C’è persino uno spot modernissimo, per il lancio della nuova campagna: una pecora rossa che esce dall’uovo, facendo il belato. Geniale. Se poi la spiegano, può essere pure meglio.
Il discorso di D’Alema è comunque chiaro: «Red» cresce, «Red» si allarga, «Red» piace alla gente che piace. «Non è una tv di corrente - specifica -, come l’hanno falsamente inscatolata i media: è solo una tv che funziona». La pecora rossa mostra i bicipiti.
Eppure, senza mancare di rispetto ai ricchissimi programmi in arrivo, la storia più bella di questo canale resta comunque la sua. Magari è solo un’opinione personale, ma non c’è partita. Più in particolare, è il primo bilancio - pubblicato dal Sole 24 ore - a rendere avvincente e impareggiabile la storia. Numeri alla mano, l’affascinante avventura di «Red» - non una tv di corrente: solo una tv che funziona - costa finora 5,4 milioni di euro. Di questi, il suo editore «Nessuno» deve però pagarne soltanto 1,3. Il resto? Offre la ditta. Noi. Casualmente, per tenere in piedi «Red», un successo che D’Alema racconta gonfio d’orgoglio, della serie «mo’ ve faccio vede’ come se fa», la collettività italiana versa 4,1 milioni di euro. In sostanza, anche se è sempre brutto rinfacciare: quattro quinti del capolavoro di D’Alema è a nostro carico.
Strana contabilità? No, è semplicemente la solita contabilità, la stupenda contabilità di tante iniziative spacciate per editoriali. Ovviamente D’Alema non è l’unico a beneficiare di queste generose compartecipazioni nostre, benché elargite senza che nessuno abbia chiesto a noi l’eventuale interesse. C’è tutta una casistica penosa alle spalle. Per lunghi anni, in questa civilissima nazione, è bastato che quattro amici al bar si mettessero in associazione e fondassero un giornale - pro qualcosa, pro qualcuno - per ottenere i finanziamenti dello Stato. Capitolo ben noto, ormai. Meno noto, diciamo anzi sorprendente, che alla gloriosa tradizione sia iscritta anche «Red», la tv che funziona. E come no: capaci tutti. Funziona benissimo, con quattro milioni su cinque versati dallo Stato.
Diciamolo tranquillamente: l’editore D’Alema ha del talento. Più che altro, il talento d’editore non emerge tanto dalla strategia industriale, ma dalla sofisticata impalcatura di intrecci - vorrei usare espedienti, ma temo la querela - che porta al finanziamento pubblico. Solo un attimo di attenzione, non è complicato: come spiega Il Sole, «Nessuno Tv», cioè l’editore ufficiale di «Red», può accedere ai soldi pubblici «in quanto organo dell’Associazione Ulisse». E che cosa sarà mai questa Associazione Ulisse? «Fa capo a quattro parlamentari Pd e ad uno dell’Italia dei valori». Quando dicevo che in Italia bastano quattro amici al bar per fondare un giornale di partito, non dicevo per gusto del paradosso: questi sono cinque. E come spiega Il Sole, in questo caso c’è anche un uomo del feroce Di Pietro, emblema della lotta agli sprechi, ai privilegi, alle mangiatoie.
Inutile specificare che se certe iniziative, certe avventure, certe abili invenzioni sono targate bene, diventano gloriose. Non è una battuta: D’Alema, da poche ore, ha appena finito di spiegare quant’è intelligente, quant’è bella, quant’è diversa la sua «tv che funziona». Difficile dargli torto: funziona benissimo. Dove trovi un altro Paese pronto a pagarti i quattro quinti dell’idea, il giorno che ti svegli con l’idea di farti una televisione.
Per la cronaca, dopo sei mesi, D’Alema è orgoglioso di annunciare che «Red» è vista ogni giorno da «settanta-ottantamila persone». Praticamente, i cugini di Gallipoli.

Un sentito grazie alla famiglia tutta.

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