Reggio CalabriaUna bomba, costruita artigianalmente ma dal potenziale devastante è stata fatta esplodere ieri mattina all'alba nei pressi del portone della Procura generale della Repubblica di Reggio Calabria, nel cuore della città dello stretto, a due passi da Duomo e dal castello Aragonese. La prima cosa che salta agli occhi nell'attentato è la firma: inequivocabilmente quella della 'ndrangheta che ha scelto da mesi per le sue intimidazioni la dinamica della bombola di gas collegata a candelotti, tale e quale a quella esplosa all'alba davanti al portone della Procura generale.
Dal 1970, quando fu assaltata la Questura durante la rivolta per Reggio capoluogo, è il primo attentato alle rappresentanze territoriali dello Stato. Reggio si è svegliata con un boato fortissimo. Oltre alle modalità, a non lasciare dubbi è anche la meticolosità con la quale è stato preparato l'attentato, forse volutamente solo poco più che dimostrativo: se la bombola da dieci chili di gas fosse esplosa con tutto il resto dellesplosivo ad alto potenziale avrebbe tirato giù il palazzo. Si tratta di un segnale. Certamente di un avvertimento all'intera magistratura reggina che sta da tempo falcidiando uomini e risorse economiche delle cosche delle 'ndrine reggine.
Sulla matrice mafiosa pare non esserci nessun dubbio: «Si tratta di un attentato diretto dalla criminalità organizzata alla Procura generale - ha detto Salvatore Di Landro da qualche mese alla guida dellufficio giudiziario -. Voglio ricordare - ha detto il procuratore - che l'ufficio della Procura si occupa della confisca e del sequestro dei beni e dei procedimenti di appello contro le cosche della criminalità organizzata». E proprio questa seconda lettura va fatta tra le righe.
La Procura generale guidata da Di Landro, da un lato sta conoscendo - dichiaratamente - un nuovo corso meno di «rappresentanza» e più incisivo sul territorio e dall'altro è il naturale collo di bottiglia nel quale vanno a finire, sotto forma di atto finale di merito, tutte le lunghe e pesanti inchieste dei Pm, con annessi giudizi di primo grado: dagli appelli alle misure patrimoniali all'esecuzione delle pene. Tematiche delicatissime e rispetto alle quali, adesso, una serie di pesanti procedimenti istruiti negli anni e che hanno portato a perdite ingentissime per la 'ndrangheta stanno per arrivare allepilogo.
Già chiarita, grazie anche alle immagini delle telecamere a circuito chiuso, la dinamica dellattentato. La bomba è stata fatta esplodere intorno alle 4,50 di ieri mattina davanti a un portone da cui si accede agli uffici della Procura. L'ordigno era composto da una bombola di gas liquido da 10 chili alla quale era stato applicato esplosivo ad alto potenziale che è stato innescato da una miccia. A posizionare l'ordigno due individui arrivati su uno scooter: avevano il volto nascosto dal casco. Si sono avvicinati al portone di ingresso del tribunale e hanno posizionato la bombola. Una volta accesa la miccia poi si sono allontanati a forte velocità giusto in tempo per non essere colpiti dalla forte deflagrazione che ha causato ingenti danni al portone d'ingresso e al piano rialzato delledificio.
Lallarme naturalmente è rimbalzato a Roma. Il ministro dellInterno Maroni ha convocato per il pomeriggio del 7 gennaio una riunione straordinaria alla prefettura di Reggio Calabria, riunione nella quale si insedierà anche il nuovo prefetto della città. Sul caso è intervenuto, con una nota, anche il presidente della Repubblica. «Il capo dello Stato - si legge nel comunicato del Quirinale - ha espresso ai capi degli uffici requirenti della città la sua solidarietà e la vicinanza del Paese a tutti i magistrati reggini. E manifesta il convinto apprezzamento e il forte incoraggiamento alla tenace azione, assieme alle forze dellordine, di contrasto della criminalità, assicurando il pieno sostegno delle istituzioni».
Duro il presidente del Senato Renato Schifani. «La violenza del gesto testimonia lefficacia dellazione di contrasto alla piaga della criminalità organizzata condotta con determinazione dalla magistratura reggina.
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