Dal 1959, quando ha preso il potere, il governo comunista dei fratelli Fidel e Raul Castro ha giustiziato con il sistema della fucilazione fino a cinquemila persone dopo «processi sommari e irregolari». Lo afferma un rapporto diffuso da un gruppo di dissidenti che difende la possibilità di un processo di riconciliazione nazionale.
«La nostra commissione ritiene che nel corso di mezzo secolo l'attuale esecutivo ha fatto fucilare tra le tremila e le cinquemila persone», dice il rapporto firmato da Elizardo Sanchez, ex prigioniere politico e portavoce della Commissione cubana di diritti umani e riconciliazione nazionale (Ccdhrn, al bando ma tollerata dal regime comunista).
La Ccdhrn rilancia una proposta avanzata nel 1987, la «riconciliazione nazionale senza esclusioni che sarebbe una specie di amnistia nazionale sotto il segno della verità e della giustizia» e che «nonostante i timori del potere dell'Avana, sarebbe appoggiata dalla stragrande maggioranza della nazione cubana, sia dell'isola che in esilio». Un obiettivo che appare, nella migliore delle ipotesi, velleitario.
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