Ho scritto questo articolo per affrontare la grande delusione e il dolore del mio Paese natale. L'ho scritto per esprimere la mia grande gioia, sorpresa e sconcerto. L'ho scritto a nome dei milioni di connazionali che hanno pianto di dolore quando il risultato delle elezioni presidenziali è stato reso noto. Erano furibondi.
Non mi aspettavo che perdere avrebbe potuto essere causa di un tale dolore fisico. Ogni singola parte del mio corpo faceva male. Era come se un gruppo di poliziotti con le maschere nere della Guardia islamica rivoluzionaria mi avesse bastonato su schiena, braccia, gambe, torace e testa. Avevo il collo talmente rigido che riuscivo a muoverlo a fatica. Era un effetto collaterale della delusione nazionale.
Tutto faceva pensare che Moussavi avrebbe trionfato. Avrebbe dovuto umiliare e rispedire a casa Ahmadinejad, che ha preso invece ventiquattro milioni di voti, dieci in più del favorito Moussavi. Non poteva essere, era un risultato impossibile, un imbroglio di prim'ordine!
Per un attimo Moussavi, prescelto per essere candidato alla presidenza, si è spaventato a morte: «Sono sbalordito. Non possiamo far questo alla gente. È un gioco falso e pericoloso. Voglio sapere chi è il regista che sta dietro a tutto questo. È un chiaro segno che la menzogna regna sovrana. Io non mi piegherò e la gente non deve cedere. Svelerò al popolo i segreti di questo gioco umiliante».
Gli elettori avevano la stessa sensazione, si sentivano traditi, usati dal regime e anche da Moussavi. La rabbia li fece scendere per le strade a migliaia e gridare: «Dove sono i nostri voti?»
Io pensavo, e lo pensavano tutti, che non sarebbe successo nient'altro. Invece successe qualcosa che nessuno osava neanche sognare. Sotto gli occhi stupiti e spaventati degli ayatollah, migliaia di giovani si misero in movimento. Era come se una forza extraterrestre avesse chiamato la nuova generazione alla ribellione.
E, con sorpresa di amici e nemici, Moussavi subì una metamorfosi. Prima provò a richiamare all'ordine i propri sostenitori, poi cambiò il suo messaggio in: «Ragazzi, la legge vi dà il diritto di dimostrare! Io sono con voi. Non accetto il risultato delle elezioni. Continueremo a dimostrare finché non sarà invalidato».
La prima crepa aveva fatto la sua comparsa nel baluardo del regime. Moussavi il traditore divenne da un giorno all'altro un eroe. Tutti noi pensammo che si trattasse di una bella ma corta primavera, ma le dimostrazioni continuarono e Moussavi fece qualche altro coraggioso passo in avanti.
La rabbia spontanea sbocciò in una storica protesta nazionale. Un movimento unico, moderno e pieno di energia che non traeva la propria forza da Allah, bensì da internet.
Negli ultimi tremila anni il popolo iraniano è stato raso al suolo innumerevoli volte, ma in quel Paese misterioso sta succedendo qualcosa di bello. La gente continua a ribellarsi. Il regime ha il controllo assoluto su tv, giornali e radio nazionali. Le linee telefoniche e le connessioni a internet sono quasi tutte interrotte. Ma nonostante questo i giovani hanno aggirato tutti gli ostacoli e attraverso Facebook e YouTube sono riusciti a diffondere nel mondo di nascosto innumerevoli filmati dei crimini del regime.
In tutto il mondo hanno visto cosa succede e i giovani iraniani hanno fatto sentire la propria voce. Ora tutti sanno che Ahmadinejad è un presidente illegittimo. In quest'ultimo mese in Iran è stata scritta una nuova pagina di storia.
Chi avrebbe mai pensato che migliaia di persone avrebbero improvvisamente osato ribellarsi a uno dei regimi più violenti al mondo. Nelle stesse strade di Teheran in cui trent'anni fa milioni di persone della vecchia generazione urlavano: «Via lo scià». Nei corti filmati su internet si vedono gli stessi edifici, gli stessi alberi, piazze, autobus, uccelli, gas lacrimogeni e gli stessi fucili. Ma lo slogan che risuonava sabato scorso era un altro: «Via il dittatore Khamenei!» La settimana scorsa, con le lacrime agli occhi e paura nel cuore, i genitori iraniani hanno visto i loro figli riversarsi in massa nelle strade a combattere la propria rivoluzione. Hanno chiarito che la voce di Ahmadinejad è la voce degli ayatollah e dei loro figli, figlie, famiglie e di tutte le persone che devono a loro i milioni di denaro corrotto che sono riusciti ad accaparrarsi. La voce di Ahmadinejad è la voce della Guardia islamica rivoluzionaria e delle famiglie dei suoi membri, che hanno le case più costose, le auto più belle, le ville sul mare più lussuose e il monopolio dei prodotti petroliferi. La voce di Ahmadinejad è la voce di migliaia di grossisti dei bazar che, importando dall'Occidente, hanno guadagnato miliardi senza dover pagare un centesimo di tasse. La voce di Ahmadinejad è la voce di una potente mafia islamica iraniana che ha preso corpo negli ultimi trent'anni e l'ayatollah Khamenei è diventato il custode di questo spaventoso regime teocratico.
La nuova generazione ha compiuto una grande impresa. Ha ridimensionato Ahmadinejad e gli ha tappato la bocca. Ahmadinejad è il presidente di un colpo di Stato. La Repubblica islamica dell'Iran si è sbarazzata della sua parte repubblicana.
Traduzione di Valentina Freschi
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