Cronaca locale

Regione, maxi rimpasto. In giunta più donne e deleghe rivoluzionate

Sempre in bilico le posizioni di Buscemi, Magnago e Boscagli. Probabili i cambi di assessorato. Formigoni: "Niente nomi, sto lavorando. Quando sarà ora dirò tutto"

Regione, maxi rimpasto. In giunta più donne e deleghe rivoluzionate

«Donne tante, tante. Le donne sono sempre importanti». Fuori assessori uomini e soprattutto chiacchierati, dentro colleghe ad affiancare la leghista Monica Rizzi, finora unica quota rosa in giunta. Ma in quel «tante» affidato ieri da Roberto Formigoni ai giornalisti, c’è anche un altro indizio. Perché il dubbio era se accontentarsi di un semplice tagliando o provvedere a un restyling radicale. E così sarà, dando quel segnale forte da lui stesso annunciato per rilanciare l’immagine della Regione a guida Pdl. Soprattutto in vista delle prossime amministrative, test fondamentale per saggiare lo stato di salute del centrodestra. Non solo in Lombardia. Tre, quindi, le mosse del governatore per sfuggire all’assedio mediatico e giudiziario: fuori assessori (ma anche sottosegretari e consiglieri delegati) finiti in indagini o intercettazioni, ingresso di forze nuove soprattutto femminili e (questa è l’altra novità di ieri) un ampio giro di deleghe per ridisegnare la mappa della giunta. E assumere su di sé, racconta un alto dirigente Pdl, qualche posizione di potere fino a oggi delegata.
Difficile, anzi impossibile strappare a Formigoni nomi oltre a quello, non pronunciato da lui ma dato in testa a qualunque toto assessori, della pidiellina bergamasca Margherita Peroni che dalla presidenza della commissione Sanità traslocherà in giunta. Formigoni evita i dettagli. «Ci sto lavorando. Questo è compito esclusivo del presidente della Regione e quando e se sarà il momento vi avviserò. Prima non sono utili le divagazioni». Ma la febbre nel Pdl è altissima. Così come la frenesia per la caccia ai nomi. Tra quelli più indiziati per lo stop, l’assessore Massimo Buscemi (ex socio dell’arrestato Massimo Ponzoni nella società immobiliare «Pellicano» nonché genero dell’imprenditore Piero Daccò in carcere per la vicenda del San Raffaele), il sottosegretario Francesco Magnano (il «geometra di Arcore») e il consigliere delegato Fabio Saldini. E poi uno tra Alessandro Colucci, Stefano Maullu e Romano La Russa a cui Formigoni e il partito potrebbero chiedere un passo indietro in cambio di una candidatura al ruolo di coordinatore provinciale da votare nel congresso del 12 febbraio. A questi nomi si è aggiunto ieri quello dell’assessore alla Famiglia Giulio Boscagli, fedelissimo di Formigoni di cui è anche cognato. Buio pesto, invece, sui candidati alla successione. Di certo c’è solo che Formigoni, racconta un suo collaboratore, «sta facendo molta fatica a trovare donne a cui affidare ruoli così delicati». Nessun maschilismo, precisa, solo la voglia di trovare la donna giusta al posto giusto. Tra gli uomini, invece, i papabili sono Sante Zuffada (uomo del coordinatore regionale Mario Mantovani) che però punterebbe anche a un ruolo di capogruppo del Pdl al posto di Paolo Valentini Puccitelli. E poi Mario Sala.
Aperto anche il capitolo Umberto Bossi dopo lo strappo di piazza Duomo. In Lombardia, assicura Formigoni, fra Lega e Pdl «c’è e continuerà ad esserci una perfetta collaborazione». Proprio per questo chiede di «rafforzare» l’alleanza, soprattutto in vista delle elezioni amministrative che in maggio toccheranno tra gli altri i Comuni di Monza, Como, Sesto san Giovanni. «In Regione prosegue la collaborazione - spiega Formigoni -, un’azione apprezzata da tutti. È chiaro che ci sono delle differenze per quanto riguarda l’atteggiamento di fronte al governo, ma questo riguarda un altro livello di discussione.

Credo che dobbiamo lavorare per rafforzare l’alleanza anche in vista delle amministrative».

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