Regioni troppo speciali nei finanziamenti pubblici: la risposta è il federalismo

Caro Direttore,
in questo periodo tiene banco la questione delle «gabbie salariali» in quanto si è scoperto (ci sarà voluta la consulenza di vari premi Nobel) che in Italia ci sono delle Regioni nelle quali, per vari motivi, la vita è meno cara: per gli affitti si arriva anche ad un risparmio di circa il 30-40%. A fronte di questa scoperta, si sta valutando il modo di adeguare lo stipendio, per quel tanto che si può, al costo della vita. Come previsto non potevano mancare isterismi da parte di chi ha un interesse politico in certe Regioni, che ormai sembra l’unica cosa di cui bisogna tener conto (poi, se c’è spazio, può venire anche l’interesse del contribuente).
Oltre all’anomalia sopracitata, cioè il costo della vita differenziato, c’è un’altra stortura nella nostra tanto amata Italia. Una volta qualcuno disse «abbiamo fatto l’Italia», ma oserei rispondere: quale Italia? Tutti sappiamo che il nostro paese è diviso in Regioni, enti aventi una certa autonomia rispetto allo Stato, che le alimenta però con appositi trasferimenti finanziari. Tali Enti si approvvigionano anche attraverso l’Irap, una addizionale regionale all’Irpef e una componente dell’Iva. Questo vale però solo per le 15 Regioni a statuto ordinario, perché quelle a statuto speciale, la Sicilia, la Sardegna, la Valle d’Aosta, il Trentino-Alto Adige e il Friuli-Venezia Giulia godono di finanziamenti e agevolazioni ormai anacronistici. Ecco alcuni esempi: un’alta percentuale delle imposte versate torna nella Regione, alla Val d’Aosta il 90%, al Trentino-Alto Adige il 90%, al Friuli-Venezia Giulia il 60%, alla Sardegna il 70% ed alla Sicilia addirittura il 100%. Nel 2004, a fronte di una popolazione che si aggirava sul 15% di quella nazionale, le Regioni a statuto speciale hanno ricevuto dallo Stato il 34% dei trasferimenti totali. Non c’è da meravigliarsi quindi che, ad esempio, un consigliere regionale di queste 5 privilegiate guadagni almeno il 25% in più del collega appartenente alle altre. Si potrebbe parlare anche delle agevolazioni fino al 75%, a fondo perduto, concesse alle imprese nel Trentino, del mutuo casa agevolato all’1% in Friuli e Valle d’Aosta, delle tessere per carburante, sempre in valle d’Aosta. Altre agevolazioni sono di poco conto, ma già quelle menzionate possono fare «incavolare».
Credo che questa anomalia non faccia certo onore al nostro Paese, nel quale gli esponenti del mondo politico non parlano altro che di democrazia, di uguaglianza e di diritti. Ma poi, quando si potrebbe veramente uguagliare la Penisola prendendo qualche fetta di torta o chiedendo qualche rinuncia al proprio bacino di voti, tutti nicchiano e fischiettando vanno alla buvette del Parlamento, ove abbuffarsi è quasi gratis.
Cordialmente

Caro Leonardo,
lei se la prende con i privilegi delle regioni «speciali» che ricevono dallo Stato centrale una quota maggiore della ricchezza prodotta. Ma io prenderei il problema dall’altro capo. È giusto - fatto salvo il principio di solidarietà nazionale - che le Regioni possano gestire i tributi dei cittadini o ricevano trasferimenti commisurati alle imposte versate, e il federalismo fiscale (ormai giusto al traguardo) va proprio in questa direzione.

Insomma, invece di normalizzare le Regioni speciali, sarebbe bene che tutte diventassero un po’ più «speciali» sul fronte dei conti pubblici. Non crede?

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