Controcultura

Regno della solitudine creativa dove la civiltà diventa aliena

Il sovrano in carica è lo scrittore spagnolo Javier Marias

Regno della solitudine creativa dove la civiltà diventa aliena

Non hai nessuno intorno a te, per un raggio di dieci-quindici chilometri. A graffiare il silenzio, soltanto le onde del mare. Oppure le strida degli uccelli. Sono strida di sorpresa, perché hanno adocchiato qualcuno con cui condividere, senza per questo intaccarla, la loro quasi soprannaturale libertà. Stai seduto su un trono di pietra, come i re barbari che hai visto nei film storici o fantasy e che ora per te sono uno dei tanti ricordi lontani nello spazio, più che nel tempo. Perché qui tu, soltanto tu sei oltre la storia e oltre la fantasia, sei in una dimensione aliena. Alieno in terra, estraneo a te stesso, esemplare unico di una specie nuova. Perché il tuo trono è lungo milleseicento metri, largo cinquecento e alto quasi trecento. È un'isola.

L'isola di Redonda è la vera isola del tesoro, non c'è Stevenson che tenga. Riduttivamente, potremmo chiamarla «l'isola degli scrittori», visto che scrittori sono tutti i re succedutisi, dalla metà dell'Ottocento, in questa monarchia assoluta e sperduta. Che si eredita, come dice il sovrano in carica dal 1997, lo spagnolo Javier Marías, «por ironia y por letra y nunca por solemnidad y sanqre». Invece no, Redonda non è «l'isola degli scrittori», sarebbe troppo poco, sarebbe un vezzo chic, sarebbe una trovata promozionale. È, invece, «l'isola della scrittura». Uno scoglio alla periferia del Mar dei Caraibi, talmente brullo da rendere brillo chi per avventura vi si trasferisse, portando in valigia soltanto carta e penna. Un frammento di roccia con zero abitanti (proprio così dice Wikipedia: «Abitanti O (2007)», come se dal 2007 a oggi vi fosse stato il rischio di vedervi sorgere un hotel a dieci stelle per emiri.

No, in verità Redonda è il regno della Scrittura, l'isola che c'è ma non c'è, l'ideale della solitudine creativa. Un meraviglioso Nulla dove può nascere Tutto.

Una condizione dell'anima, uno stato fuorilegge, la patria degli apolidi, la culla della Parola che torna alle origini, a essere il vagito di ogni uomo fattosi re.

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