Reintegrata sul lavoro. Ma dopo 15 anni

Lenta, ma implacabile. Soprattutto lenta. Ci vuole pazienza, con la giustizia. E molta ne ha avuta la signora Angela, che per affermare le sue ragioni ha dovuto aspettare 15 (quindici!) anni. Roba da chiedersi, a distanza di così tanto tempo, se la signora ricorda ancora perché è finita in un’aula di tribunale.
Lei, Angela, è stata collaboratrice infermiera (a tempo determinato) all’Istituto neurologico Carlo Besta, dal 10 gennaio del 1994 al 16 ottobre dell’anno successivo. Quando il commissario straordinario dell’Istituto la licenzia. Quasi cinque mesi prima della naturale scadenza del contratto, fissata per il 14 marzo del ’96. Motivo dell’allontanamento? «L’infermiera - era stato il giudizio del direttore sanitario - ha dimostrato buona volontà, ma l’apprendimento è scarso, l’affidabilità è carente, la preparazione specifica deficitaria. Il giudizio è negativo». E proprio sulla base di tale giudizio, il commissario aveva deciso per la risoluzione anticipata del contratto. E nel ’95 parte il ricorso.
Il Tar, ora, spiega che il Besta non «ha fornito alcun appiglio di natura fattuale per consentire il benché minimo riscontro alle elencate negatività».

In altre parole, si chiedono i giudici, non ci sono prove l’infermiera era davvero un’incapace. Messo così, insomma, quel licenziamento è illegittimo. Ergo, risarcimento di 2.500 euro. Quindici anni dopo. Meglio tardi che mai. Prima, alle volte, sarebbe ancora meglio.

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