Politica

«Repubblica» nasconde le sue figuracce

Ci sarebbe una segnalazione qui a proposito di etica della notizia e di diritto del popolo a sapere, specie quando c'è in ballo il rapporto tra Italia e altri Paesi. Sabato la Repubblica ha riempito la prima pagina con questo titolo: «Berlusconi, l’imbarazzo di Zapatero». L'editoriale di Massimo Giannini sosteneva, con toni da Appelius alla guerra, che questa era la prima «sanzione di un governo europeo», un «danno inequivocabile». Il tutto dovuto alle esternazioni moleste di Berlusconi alla presenza del premier spagnolo alla Maddalena, dove il Cavaliere aveva risposto a una domanda di El País di Madrid sulle escort.
Se vera, questa indignazione sopita di un governo amico sarebbe stata roba grave. Un incidente idoneo a innescare diffidenze reciproche nel campo della politica di immigrazione per via di Mediterraneo. Se la notizia fosse stata falsa, peggio. Sarebbe la prova provata che qualcuno punta a uno scontro politico, diplomatico ed economico tra due Paesi europei con interessi comuni, seminando veleni e falsificazioni, sperando che il focolaio si trasformi in incendio. La notizia era falsa. I piromani veri e confessi. La notizia era esito di una manipolazione cosciente. Non una bufala, che di solito è dovuta a pigrizia. Ma la volontà di usare l’informazione come arma letale contro la democrazia al servizio di un gruppo di potere, sperando che la solidarietà universale della internazionale di sinistra ottenesse da Zapatero un benevolo silenzio assenso. Invece la sinistra europea, quella un po’ seria, ha detto stop. Zapatero ha dato una legnata tremenda a questi falsari.
Così ieri smentita, con forza inusitata, del governo spagnolo a Repubblica tramite il Tg1, che è il massimo della visibilità possibile. Si badi: non con comunicato arciprudente, ma con la voce e la faccia del segretario di Stato spagnolo Diego Lopez Garrido. Il quale per intendersi non è precisamente una escort madrilena in vena di confidenze da alcova. E Repubblica? Poteva lealmente comunicare il fatto, chiedere magari scusa. Farsi addirittura dieci domande sul perché abbia inventato una simile panzana e addirittura abbozzare una risposta. Invece niente. Anzi peggio di niente. Quattro righine a pagina sette, infilate nel pagliaio delle solite contumelie dei giornali europei a proposito di Berlusconi.
A dire la verità, sabato sul suo sito internet Repubblica aveva dato la notizia della sconfessione addirittura con un titolo. Devono aver licenziato il cronista poco attento alla linea editoriale farlocca: infatti ieri nessun lettore normale di Repubblica, che si limiti a inghiottire questa palla di carta e digerirla senza Alka Seltzer, ha potuto notare la batosta. Essa è stata contemporaneamente pubblicata e annullata, secondo la tecnica ben nota della «censura additiva» che è una sindrome che colpisce la sinistra ed è un’infezione tipo sexual addiction, di cui ossessivamente costoro accusano Berlusconi, e che poi sarebbe una propensione a un’altra attività senza dubbio meno disonesta.
Il titolone sotto cui viene impanata la smentita è «Nell’aria qualcosa che non è democrazia». Sarebbe una bella maniera di scusarsi, sennonché la frase è di Zavoli, e l’accusato non è Ezio Mauro per la panzana e neanche Massimo Giannini per l’intemerata fasulla: è il Cavaliere, di cui si reclamizza un inserto tiratogli contro da Libération, il quotidiano della gauche francese. Disperso in questo articolo ecco la frase del governo spagnolo: «Grande amicizia... nessuna critica alle parole di Berlusconi». Censura additiva, malattia senile del giornalismo furbone e davanzone. Eugenio Scalfari, che legge solo Repubblica, visto che l’ha fondata, nulla sa o finge di sapere della sbugiardata del governo, e trasforma Zapatero in un burattino delle sue solite menate.
Neanche El País aveva peraltro seguito il cugino italiano in questo scoop. Si era limitato a citare il Giornale in prima pagina con astio, pungolando Zapatero a replicare qualcosa, visto che la sua visita a Villa Certosa aveva dato occasione al nostro quotidiano di vedere nel fatto una sorta di «legittimazione» della dimora sarda. Nell’interno dei servizi del giornale spagnolo nessun accenno a un imbarazzo zapaterista ma il desiderio che costui si incazzasse almeno un po’ con Berlusconi. Niente. Le frasi di Zapatero sul País apparivano per quelle che sono, con la ripetizione di «rispetto», «prudenza», «cortesia», «buoni rapporti con il governo italiano».
Molto istruttiva invece in Italia l’omertà dei quotidiani italiani cosiddetti indipendenti, dal Corriere alla Stampa al Messaggero. Nessuno ieri ha alzato il mignolino per una criticuzza alla Repubblica. Guai a chi li tocca, i campioni di giornalismo di Repubblica, non è vero? Che premio gli diamo, stavolta?
La morale? Alcune domandine, e non pretendiamo alcuna risposta, perché la sappiamo già.


Dove sei sindacato unico dei giornalisti che ti prepari a manifestare contro la minaccia alla libera informazione? Da chi viene il pericolo? Sotto la sabbia di quale Capalbio avete infilato la testa per non vedere, voi capipopolo del medesimo appello da 330mila seguaci? Avreste qualcosa da aggiungere magari come postilla, poco cari Umberto Eco, giuristi alla Rodotà e Zagrebelski, firmatari della condanna a morte di Luigi Calabresi come Dario Fo, Furio Colombo e Gae Aulenti, tutti compresi nell’indignazione gonfia di caviale? Una parolina, un righino in piccolo su questa truffa repubblicoide? Figuriamoci se direte bè.

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