La "retromarcia" del capo e il passato che non si cancella

Spesso il top manager si comporta come se l’azienda avesse solo sei anni di storia. Il nuovo Risorgimento di Elkann

La Fiat è una «ragazza del ’99», nel senso che ha 111 anni suonati essendo stata fondata l’11 luglio 1899. Sergio Mar­chionne, classe 1952, era benvoluto da Umberto Agnelli ma il suo cruccio è di non aver conosciuto il fratello, l’Avvoca­to. Con il nipote John Elkann, classe 1976, attuale presidente dell’impero Fiat e custode del patrimonio di fami­glia, Marchionne è in piena sintonia e tra i due il gioco di squadra si è fatto più intenso in questi giorni. Denominatore comune tra Sergio e John è l’Italia. Mai come nelle ultime ore - e non solo per­ché si celebrano i 150 dell’Unità del Pae­se - la bandiera tricolore sventola alta sul pennone del Lingotto. Anche se a Torino lo negano, è indub­bio però che questa volta Marchionne è andato sopra le righe. Abituato a dire quello che pensa, di qua e di là dall’Ocea­no, capita che l’amministratore delega­to della Fiat agisca come se il gruppo in­dustriale che governa non fosse un’azienda centenaria, ma nata solo al suo arrivo da Ginevra. Sembra che egli dimentichi, seppure in buona fede, quanto la Fiat ha inghiottito nel corso della sua lunga e travagliata storia, quan­to ha chiesto allo Stato e puntualmente ricevuto. (Anche se, per par condicio, è doveroso ricordare i posti di lavoro crea­ti, le belle macchine prodotte, la marcia dei 40mila, lo sviluppo all’estero). Ebbene, Marchionne deve tener conto di tutto questo e riflettere quando parla di «Italia», anche se - conti alla mano ­può avere ragione. Il progetto di rilancio industriale da 20 miliardi che ha presen­tato è sicuramente un atto di fiducia ver­so il Paese che ha dato i natali alla Fiat. Ma tenere sulla corda il governo e gli italiani può essere inteso più come un ricatto che come un negoziato: in televi­sione, da Fabio Fazio, Marchionne ha in­nescato nuovamente la miccia, ma esa­gerando con la carica di dinamite. C’è stata una sollevazione: anche da parte di chi fino a quel momento ne aveva condi­viso i comportamenti. Assicurano a Tori­no: «Tutte affermazioni benedette dal­l’azionista », cioè da Elkann e dalla fami­glia.

Eppure in questi giorni si è percepi­to qualche ripensamento: dall’insisten­za nel ribadire l’attaccamento all’Italia e alle sue radici (Marchionne), alla «crea­zione di un nuovo Risorgimento» (Elkann). Un gioco di squadra. Un raffi­namento di strategie.
PBon

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