Il retroscena Un altolà alla Lega dietro il plauso di Fini al Quirinale

IL GOVERNATORE Formigoni: «Il confronto con la gente è un’agorà di democrazia»

RomaNel modo politicamente scorretto che le è consono l’ha buttata lì qualche giorno fa Daniela Santanchè: «Fini vuole fare il presidente della Repubblica? Se votassero direttamente gli italiani sarebbe un plebiscito per Berlusconi». Ma se non si può del tutto escludere che tra i progetti di un uomo politico della levatura del presidente della Camera ci possa essere anche il Quirinale, l’attualità senza dietrologie da tempo consegna alle cronache un Gianfranco Fini diverso o, se vogliamo, libero da complessi. C’è chi dice sia merito della nuova vita coniugale e della (doppia) paternità, chi vede una contrapposizione netta a Berlusconi secondo una chiave di alternativa politica. Fatto sta che anche ieri il presidente della Camera è stato il più netto a salutare la lettera del capo dello Stato come «politicamente incisiva»: affermazione fatta durante la capigruppo alla Camera, quando i rappresentanti di Pd, Udc e Idv avevano chiesto che il governo riferisse della questione in aula.
In particolare, però, questa considerazione finiana è diretta soprattutto a contrastare quella che per il numero due del Pdl è la deriva un po’ troppo «leghista» presa dal governo. Una specie di «riequilibrio», visto che - come ha ripetuto l’altro giorno il presidente della Camera - la società «multietnica e multiculturale» impone una sfida che è ricca di «opportunità di crescita reciproca», nonostante esponga al rischio di «pericolosi fenomeni di xenofobia e odio razziale». Il razzismo, ha proseguito Fini, non costituisce solo «un attentato ai diritti individuali della persona, ma anche un impedimento per le società e i popoli a raggiungere ed esplicare pienamente quelle risorse di pensiero insite nello sviluppo della propria identità».
Un richiamo forte a tenere alta la guardia nei confronti dell’intolleranza, a integrare le culture, a non cader vittima della paura. Dato di fondo che la fondazione finiana «Farefuturo», proprio mentre la Camera licenziava il provvedimento sulla sicurezza, aveva ben inquadrato sul proprio sito, in un ispirato articolo contro questa «destra fifona che inventa le paure», citando appunto le ronde e i cartelli tipo «wanted» nei confronti dei sospetti stupratori. «Farefuturo» biasimava «le molte iniziative politiche che stanno facendo della paura la loro ragion d’essere e sulla paura della gente investono tanta retorica e tanto fervore». Non può fondarsi sulla paura l’istituzione delle ronde dei cittadini privati, continuava, e neppure «quella certa retorica contro l’invasione degli immigrati».

Una destra così «piagnona», anzi ormai «fifona» - dimentica delle origini marinettiane e dannunziane - «inventa, costruisce e alimenta paure sociali che, altrimenti, sarebbero assai meno evidenti». Una cornice che, se non del tutto riconducibile al pensiero finiano, ben definisce il senso della posizione del presidente della Camera. Ancor prima del plauso alla lettera del presidente Napolitano.

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