Retroscena Il Cavaliere disinnesca la grana Sud

Roma«Ghe pensi mi». Ancora una volta, Silvio Berlusconi deve mettersi in mezzo, tra un capo e l’altro della fune, per provare a sedare gli animi. Nella fronda sudista pidiellina, tutto sommato forse la più facile da gestire. E in quella leghista, che già «spara» nel mucchio, per riequilibrare le pretese sicule o avviare magari in anticipo la campagna elettorale per le Regionali del prossimo anno. Vedi, in quest’ottica, l’uscita di Umberto Bossi sul ritiro delle truppe italiane dalle missioni (finita poi in un vicolo cieco). Ma soprattutto la richiesta «bomba», giunta ieri sera, che i professori superino un «test» sulla conoscenza di storia, tradizioni e dialetti della regione in cui intendono lavorare, che stoppa di fatto la riforma sul reclutamento dei docenti: una grana non di poco conto.
In ogni caso, tocca e toccherà sempre al Cavaliere affrontare le patate bollenti, con il solito ritornello che gli frulla nella mente: mantenere la calma. Per rimarcare tanto per cominciare la voce unitaria dell’esecutivo sul fronte Afghanistan, derubricando a «battuta» quanto detto in senso contrario dal Senatùr (seguito a ruota da Roberto Calderoli, «più realista del re», è l’interpretazione ricorrente), sgonfiata nei fatti dal voto unanime al rifinanziamento. Ma anche per riportare alla retta via l’amico Gianfranco Miccichè, che scalpita per ottenere una risposta celere e concreta alle istanze del Meridione, schiacciato com’è - dice - dall’asse nordista siglato da Bossi e Giulio Tremonti. Quindi, servono misure concrete nel Piano per il Mezzogiorno, altrimenti, via libera al Partito del Sud. Ipotesi, per la verità, che va scemando di ora in ora, anche se la tensione rimane alta.
Ma a metterci il carico ci pensano i soliti malpensanti, che in Transatlantico inquadrano così la partita di Miccichè: «Le sue sono pretese personali di potere, perché punta a diventare coordinatore regionale del partito. Oppure, a guidare la cabina di regia per gli investimenti da effettuare al Sud. E chissà, magari avrà entrambe le cose». I maligni vanno avanti, mentre Bossi sembra concordare: «È un problema di potere interno in Sicilia». Tocca allora ad Osvaldo Napoli riportare la vicenda in uno scenario più ampio: «Questo pseudo-bisticcio non è altro che un grande errore politico, perché ridimensiona tutto ciò di positivo che il governo ha già fatto».
Risultati già ottenuti, dunque, da incrementare semmai, ma che rischiano di venire offuscati. Un concetto ripetuto anche ieri dal Cavaliere. In aereo da Milano a Roma, così come a Montecitorio, in Aula e alla buvette, anche per rassicurare il ministro dell’Economia. Lesto dal canto suo a sfogarsi a più riprese per il ruolo che intenderebbe assumere il sottosegretario, respingendo così accuse e illazioni sul suo disinteresse verso le zone meno ricche dello Stivale. Una linea dura che fa rima con un «niet» all’ipotesi di elevare Miccichè a ministro per il Mezzogiorno. Così, durante il volo mattutino, alla presenza dei vertici del Carroccio, Berlusconi garantisce di stare lavorando alla soluzione, pur ricordando allo stesso Tremonti la necessità dei fondi necessari per il piano di rilancio. Che incassa il disco verde del Senatùr, a patto che vengano usati per progetti mirati.
Tanta carne al fuoco. Sullo sfondo, una partita a scacchi con la Lega, che presto verrà a galla: le Regionali 2010. A via Bellerio, infatti, si insiste sulla guida della Lombardia, pure a costo di schierare un numero uno. Circola di nuovo il nome di Roberto Maroni, che tra un anno - si ragiona nel partito - sarebbe al top della popolarità, avendo già incassato l’ok ai provvedimenti che stanno più a cuore al suo elettorato. Un sacrificio che varrebbe la pena fare, dopo lo strategico arroccamento con la conquista delle province di Brescia e Bergamo.

Certo, c’è da fare i conti con Roberto Formigoni, super-riconfermato dal Cavaliere, ma c’è tempo per intavolare la trattativa. In cui finirebbe pure il Veneto, dove la Lega potrebbe puntare su un altro ministro: Luca Zaia.

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