RomaLimbarazzo è palpabile, non solo nei capannelli in Transatlantico ma anche nel susseguirsi lento di dichiarazioni. Cappellacci ha sbancato la Sardegna portando a casa un vantaggio di nove punti, eppure tra le file di An sono in pochissimi a brindare al nuovo governatore. Parla Gasparri poco prima delluna di notte, per dire a urne ancora aperte che «vince la voglia di fare del Pdl, di Cappellacci e di Berlusconi». Ma poi, fino alle tre del pomeriggio cè solo Matteoli a esprimere «soddisfazione». Qualche altro - compreso Fini durante la videochat della Camera - seguirà nelle ore successive, lasciando comunque inalterata unevidente disparità di entusiasmi allinterno del Pdl. Ai cinque o sei di An fanno infatti da contraltare le dichiarazioni di decine e decine di azzurri, tutti - dai ministri allultimo dei peones - entusiasti per il successo sardo. È questo il segno più tangibile dellimbarazzo di An, visto che nei giorni scorsi Fini non ha mai nascosto le sue perplessità sulla scelta - «non concertata» - del Cavaliere di candidare Cappellacci. Lha ripetuto più volte il presidente della Camera, a deputati, senatori e ministri di ogni rango e partito, tanto che il messaggio è arrivato anche sulla stampa nazionale: «Con quella decisione io non centro». Una presa di distanze garbata ma chiara, soprattutto dopo il braccio di ferro sui meccanismi decisionali allinterno del futuro Pdl. Una querelle nata proprio nelle ore che hanno seguito linvestitura di Cappellacci come anti-Soru.
È chiaro, dunque, come il day after sardo segni un cambio di passo negli equilibri interni al Pdl. Perché sulla Sardegna si è speso in prima persona il Cavaliere chiedendo un impegno forte anche al governo, tanto che pure il leghista Zaia si è concesso un tour tra le aziende agricole di Olbia, Arborea e Oristano. E perché erano in molti a pensare che loutsider sardo avrebbe ceduto il passo a Soru nonostante una prevalenza di voti di lista al centrodestra. A quel punto, spiega un ministro azzurro, «Cappellacci si sarebbe trasformato in una sconfitta solo del premier». «Lavrebbero massacrato anche se avesse perso dello 0,5%», chiosa la Bertolini. Ragionamento che seppure rigorosamente in privato fa anche Calderoli: cè chi si è guardato dal metterci il cappello, ora la vittoria è solo del Cavaliere. Che, forte del successo, incassa senza neanche una dichiarazione pubblica sulla partita sarda. Daltra parte, spiega Osvaldo Napoli, «il risultato si commenta da solo». Ed è chiaro che quando si tornerà a parlare dei meccanismi decisionali del Pdl o delle candidature per amministrative ed europee Berlusconi avrà buon gioco a dare le carte, forte di averci visto più lungo di tutti in Sardegna. Cogliendo, ragiona lazzurro Giacomoni, «il vento che cambia» visto che anche in Abruzzo «ha vinto un giovane poco conosciuto», segno che «la vecchia politica non paga più».
Se la partita degli equilibri interni pare ormai archiviata a tempo indeterminato, il fronte che si va aprendo è sul nuovo sistema di voto della Camera. Finora, infatti, sono solo quattro i deputati del Pdl che hanno registrato le loro impronte digitali, sintomo di un certo scetticismo. Al punto che Fini, padre delliniziativa, non manca di dire che «chi rifiuta di darle ne risponderà davanti agli elettori». Il problema, infatti, è che il nuovo sistema cancella sì i pianisti, ma rallenta le votazioni e rischia di favorire lostruzionismo sulle verifiche del numero legale oltre a imballare il lavoro delle Commissioni che già oggi, visto lesiguo numero di sottosegretari, hanno difficoltà a convocare il governo. Insomma, come ha fatto presente più volte in privato Berlusconi, questa innovazione va benissimo ma dovrebbe essere accompagnata da una riforma dei regolamenti parlamentari, magari stabilendo orari ad hoc per le votazioni come al Parlamento europeo.
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