Un colossale misunderstanding, un pasticcio in cui la Cia ha scelto di capire quello che le faceva più comodo: e cioè che i servizi segreti italiani erano pronti ad avallare il rapimento di Abu Omar, nonostante l’esplicito rifiuto da parte del Sismi di collaborare all’iniziativa. È questo il retroscena del sequestro dell’imam ricostruito in tre anni di inchiesta dal giornalista americano Matthew Cole (nella foto qui sotto), che al caso Abu Omar ha dedicato un libro (In the name of the Good: the true story of a Cia rendition), in uscita a fine anno da Simon & Schuster.
«La straordinaria sciatteria con cui venne realizzata l’operazione da parte della Cia - dice Cole al Giornale - si può spiegare solo col fatto che si sentissero molto sicuri, e si sentivano sicuri perché avevano l’impressione che il governo italiano approvasse. Ma era una impressione sbagliata». A questa convinzione, Matthew Cole è arrivato analizzano documenti pubblici e fonti «coperte». «Come è noto - spiega - vi fu un incontro tra Jeff Castelli, capo della sede italiana della Cia, e il direttore del Sismi Nicolò Pollari. Pollari dice in quella sede manifestò la assoluta indisponibilità del Sismi a collaborare. Castelli, invece, dopo l’incontro disse ai suoi capi di avere avuto l’appoggio degli italiani. Chi ha ragione? Secondo le mie fonti, la Cia è attualmente convinta che Castelli mentì quando disse di aver avuto il via libera».
È una conclusione che sembra sollevare i servizi segreti italiani almeno dalla responsabilità diretta del rapimento. «Dopo tre anni di lavoro, la mia inchiesta ha accertato che non vi fu coinvolgimento del Sismi nel sequestro quando venne eseguito. È pacifico che tra il 2001 e il 2002 il Sismi abbia verificato la possibilità di fare l’operazione. Ma poi si tirarono indietro, spaventati dalla possibilità di venire individuati dalla Digos e arrestati. La conseguenza fu che la Cia agì da sola, con l’unico appoggio di due carabinieri del Ros. Questi sono gli unici italiani coinvolti, e agirono di loro iniziativa».
Cole si rende conto che la sua inchiesta raggiunge conclusioni ben diverse da quella della Procura di Milano, convinta di avere dimostrato il pieno coinvolgimento del Sismi. «Armando Spataro è un ottimo investigatore e un bravo magistrato, ma io ho quattro diverse fonti che escludono il coinvolgimento del Sismi. Spataro avrebbe avuto ragione se avesse accusato il Sismi di avere avuto interesse nell’aiutare gli americani in queste operazioni. Il Sismi verificò questa possibiltà. Ma il mio libro dimostra che non sapeva come e quando sarebbe stato prelevato Abu Omar. Vennero informati solo a cose fatte, nelle 24 ore successive, quando Abu Omar era già in Egitto».
Resta aperta una ipotesi: che il Sismi abbia dato una sorta di approvazione generale, «fate pure, noi facciamo finta di niente». «È possibile. Non sono arrivato a una verità definitiva. Ma la mia conclusione è che Jeff Castelli “sentì” da Pollari quello che desiderava sentire, e si prese il rischio. Ma so che esiste anche un cablo inviato da Castelli al quartier generale della Cia che annuncia che l’operazione sarebbe stata “unilaterale”.
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