Riaperte le porte del carcere per l’uomo che odia le donne

Sesso o soldi: nel dubbio li pretendeva entrambe dalle sue ex, che puntualmente l’hanno denunciato, facendolo finire con una certa regolarità in galera. Dalla quale usciva senza aver perso il vizietto di alzare le mani. Tanto che, dopo l’ultima bravata, se n’è tornato dietro le sbarre. E neppure in un giorno qualunque, bensì il 14 febbraio, festa degli innamorati. E quando gli agenti si sono presentati con le manette ha avuto anche la bella idea di aggredirli armato di coltello. Giusto per non farsi mancare nulla.
Davide Prete, 34 anni originario di Monza, ma con l’obbligo di dimora a Milano, con San Vittore ha una lunga dimestichezza, essendo ormai una decina di anni che ci entra ed esce con una certa regolarità. Ha cominciato infatti a farsi conoscere nel 2000 con una bella denuncia per violenza privata. Del resto si tratta di omone grande e grosso che saltuariamente lavora come «sicurezza» in locali e negozi. Peccato che la sua forza da lottatore l’abbia spesso impiegata per compiere soprusi e angherie contro i deboli e gli inermi. Come del 2005 quando finisce nei guai per estorsione nei confronti del padre. E sempre nel 2005, in seguito a una visitina in casa, la polizia gli trova una bomba a mano, due pistole, un fucile e una serie di coltelli. Nel 2006 finisce per la prima volta in carcere per violenze, anche sessuali, nei confronti di una donna che l’aveva lasciato. Dal carcere passerà anche all’ospedale psichiatrico giudiziario di Monte Lupo Fiorentino, dove rimarrà ospite qualche settimana.
Ma è soprattutto il vizietto di picchiare, perseguitare, minacciare le sue ex, a cui chiede anche soldi, a farlo finire in carcere con una certa frequenza: quattro per la precisione. Nella primavera dell’anno scorso conosce a una festa la sua ultima vittima, una signora di 47 anni: «Una stimata professionista, affermata nel suo settore» spiega Mario Anelli, dirigente del commissariato porta Genova, l’ultimo a occuparsi di lui. Una breve storia d’amore interrotta in estate quando uno dei suoi tanti reati passa in giudicato e lui deve tornare a San Vittore. Uscito ad agosto scopre che la donna non ha più intenzione di proseguire quella storia. E inizia il solito calvario: appostamenti sotto casa, aggressione, spesso a sfondo sessuale, botte, telefonate e messaggi minatori via sms. «Non t’ammazzo, ma ti do tante di quelle botte che ti riduco in stato vegetativo, perché morire sarebbe troppo poco per te». E uno dei suoi tanti «teneri» pensieri.
La donna viene braccata dal parrucchiere, alle feste e se qualcuno cerca di intromettersi volano calci e pugni, come quella volta che l’energumeno malmena un paio di suoi amici intervenuti in sua difesa.

Fino a quando la donna si rivolge appunto a Mario Anelli, che nel giro di pochi giorni chiude le indagini e manda alcuni poliziotti a prenderlo nella sua casa in via largo Cavalieri di Malta, dove tra l’altro, trovano qualche grammo di cocaina. Davide Pesce prende un coltello e si scaglia contro i poliziotti, ma viene disarmato dopo una violenta colluttazione che lo porterà in ospedale prima e a San Vittore poi.

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