La Rice parla ai cubani: «Non fuggite ma lottate per la democrazia»

Messaggio radiotelevisivo del segretario Usa. L’Avana replica: «Tutto funziona normalmente, Castro è stabile ed è su di morale»

Roberto Fabbri

«Siamo dalla vostra parte, vogliamo garantire i vostri diritti affinché possiate dire quello che volete, avere qualsiasi opinione, scegliere liberamente i vostri leader nell’ambito di un sistema democratico». Condoleezza Rice mantiene la sua promessa (o minaccia, dal punto di vista del regime dell’Avana) e si rivolge ai cubani tramite la televisione e la radio Martì, create vent’anni fa dal presidente Reagan sulla falsariga di Radio Free Europe.
Non è detto che le parole del segretario di Stato americano - pronunciate l’altra sera (piena notte in Italia) nell’ora del massimo ascolto televisivo a Cuba - siano state ascoltate da molti, dal momento che i tecnici del governo comunista sono assai versati nell’arte di schermare i segnali sgraditi a Fidel. Comunque sia l’appello di «Condi» ai cubani preoccupati per l’incertezza politica causata dalla malattia del líder maximo e dalla latitanza del fratello-reggente è stato accorato. «In un modo o nell’altro la transizione è in atto - ha detto la Rice -, il popolo cubano ha vissuto troppo a lungo a digiuno di libertà». Un’esortazione a prendere in mano il proprio destino, a darsi da fare cogliendo il momento favorevole per un cambiamento politico sull’isola.
Ma a Washington devono essere preoccupati per il rischio di un’ondata di esuli provocata dal timore di gravi disordini o dal desiderio di costruirsi un migliore futuro in America, come già hanno fatto ogni volta che è stato possibile milioni di cubani nei passati decenni. Così il segretario di Stato americano ha «implorato» gli scontenti del regime a non fuggire verso la Florida, separata da Cuba da un braccio di mare di sole 90 miglia.
La reazione del regime dell’Avana non si è fatta attendere, ma ancora una volta è stata affidata a figure di secondo piano. Il ministro della Cultura Abel Prieto ha negato che «il sentimento predominante a Cuba sia quello dell’incertezza» e ha sminuito il senso del messaggio della Rice definendolo «pura retorica per (gli esuli di, ndr) Miami. Loro sanno - ha aggiunto il ministro di Castro - che non troveranno in questo Paese nessun pubblico disponibile, perché a Cuba nessuno ascolta un messaggio che proviene da un membro di un governo straniero». Prieto ha suonato il solito disco della propaganda di regime: «Tutto funziona normalmente - ha detto -. Il governo americano deve rispettare le istituzioni di questo Paese che ha mostrato di continuare a funzionare con grande solidità. La gente è preoccupata, attenta, ma al tempo stesso ha ricevuto il messaggio che deve aver pazienza, che deve aspettare». La rivoluzione dunque continua, e naturalmente secondo Prieto «la schiacciante maggioranza dei cubani la pensano come me». Quanto all’invisibile Raul Castro, «comparirà in pubblico al momento opportuno».
Anche Ricardo Alarcon, presidente del Parlamento dell’Avana e uno dei principali «colonnelli» del sistema comunista, è intervenuto per assicurare che attorno alla malattia di Fidel Castro si starebbe facendo dell’interessato allarmismo. «È stabile, si sta riprendendo ed è su di morale», ha detto giurando di averlo incontrato lunedì notte e di aver parlato con lui anche martedì. «Sta fisicamente e spiritualmente meglio di me», ha aggiunto Alarcon, che non deve essere in gran forma dal momento che ha detto di «sperare» che il leader malato possa ricomparire in pubblico prima della festa nazionale del 2 dicembre, tra quattro mesi.


Un giornale brasiliano, intanto, ha scritto che le autorità cubane avrebbero comunicato in via riservata al presidente Lula che Castro ha un tumore maligno all’addome e che starebbe «molto peggio» di quanto trapeli. Ma il governo di Brasilia ha prontamente smentito.

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