La Rice prepara un vertice con Olmert e Mazen

Conclusi i colloqui del segretario di Stato con israeliani e palestinesi Si torna a parlare del rilascio di Barghouti

Arrivata senza piani Condoleezza Rice studia un triplo salto mortale. O almeno un salto a tre. Alla fine di tre giorni di passione in cui palestinesi e israeliani hanno fatto a gara nel complicarle la vita, il segretario di Stato americano se ne esce con l’idea di un summit trilaterale con il premier israeliano Ehud Olmert e con il presidente palestinese Abu Mazen (Mahmoud Abbas). Una specie d’ardito incontro - restano da fissare data e luogo - al capezzale della «road map» per discutere, faccia a faccia con i due possibili protagonisti, il rilancio del processo di pace.
Dai due non sembrano arrivare grandi incoraggiamenti. Abu Mazen spara a zero contro qualsiasi soluzione temporanea rifiutando, implicitamente, anche quella «road map» concepita, tre anni fa, per dar vita ad uno Stato palestinese con confini ed assetti provvisori.
Nel frattempo il ministero delle Costruzioni israeliano ha invece avuto la bella pensata di annunciare il via libera al capitolato per la costruzione di 44 nuove unità abitative all’interno della colonia di Ma'aleh Adumim. La mossa del ministero, assai poco conforme ad una «road map» che pretende il congelamento delle colonie, viene definito «uno sputo in faccia alle governo americano» da Yariv Oppenheimer, portavoce di Peace Now, il gruppo della sinistra israeliana in perenne lotta contro gli insediamenti. Condoleezza, nonostante queste difficoltà, sembra decisa a sperimentare l’ebbrezza di un vertice trilaterale definito da un funzionario del suo seguito «il più ambizioso progetto di colloqui degli ultimi sei anni».
«I tre si sono detti d’accordo nell’incontrarsi - ha spiegato Oppenheimer - per esaminare l’orizzonte politico e l’appuntamento potrebbe aver luogo tra tre o quattro settimane». Al di là delle discussioni sull’orizzonte politico, troppo ipotetiche per scomodare un segretario di Stato, un premier israeliano e un presidente alle prese con una guerra civile, il vertice sembra un disperato tentativo di rilanciare l’immagine di Abu Mazen. Ma gli americani, consapevoli dello scarso peso del presidente, stanno anche facendo di tutto per trovargli un successore in grado di guidare Fatah e raggiungere un accordo con Hamas da una posizione di forza.
Il candidato sarebbe, ancora una volta, Marwan Barghouti, il segretario generale di Fatah che, nonostante la condanna a cinque ergastoli per terrorismo e assassinio inflittagli da una corte israeliana, continua ad esser considerato l’unico in grado di guidare la riscossa dei moderati palestinesi.
A suggerire l’imminente necessità di un suo rilascio definendolo «il più popolare dei leader palestinesi» è il viceministro della Difesa israeliano, il generale Ephraim Sneh.

Secondo Sneh, che sembra rivelare i suggerimenti della Rice, il governo israeliano dovrà prima o poi superare gli ostacoli legali e rassegnarsi al suo rilascio. Ostacoli non da poco perché le procedure israeliane vietano lo scambio di prigionieri colpevoli d’atti di sangue e prevedono un’eccezione solo in caso di perdono presidenziale.

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