Ricerca, il «Dino Ferrari» sfida le malattie rare alle Olimpiadi invernali

La guerra alle malattie neurodegenerative e neuromuscolari è ancora aperta. E la speranza di una cura per migliaia di malati non è affidata a qualche miracolo, ma a una faticosa, costosa attività di ricerca scientifica. Contro la Distrofia muscolare di Duchenne, la Sclerosi laterale amiotrofica e le malattie di Alzheimer e Parkinson, Milano schiera un avamposto di eccellenza internazionale. Il Centro Dino Ferrari dell’Università degli Studi di Milano e del Policlinico, con sede in via Sforza, che ora prova a ingaggiare un’altra battaglia: quella per far conoscere questa malattie erroneamente ritenute molto rare. Per questo il «Dino Ferrari» a giorni sarà in Canada alle Olimpiadi invernali di Vancouver a «Casa Italia», il quartier generale della squadra italiana, e rappresenterà il Paese nella scienza come centro d’eccellenza riconosciuto sul piano internazionale.
Il «Dino Ferrari» è un centro pilota che tiene insieme la ricerca e l’attività clinica. Sono 80 i ricercatori, e 32mila i pazienti che ogni anno fanno riferimento alle sue strutture cliniche. Molti medici del Nord usufruiscono della sua attività diagnostica. Un suo gruppo di ricerca, di recente, ha scoperto l’origine genetica di alcune patologie mitocondriali con uno studio pubblicato dall’American Journal of Human Genetics che fa luce sulle possibili cure della Sla. Sono davvero rilevanti i risultati raggiunti in questi anni. E i ricercatori stanno studiando nuove cure: sperimentazioni farmacologiche ma anche terapie innovative che impiegano proprio cellule staminali.
Il Centro Dino Ferrari è stato fondato nel 1978. Enzo Ferrari ha voluto dedicarlo al figlio, che era affetto da Distrofia muscolare di Duchenne, una malattia monogenica legata al cromosoma X che ancora oggi colpisce un nuovo nato maschio ogni 3.500 e che non ha una cura decisiva. Il centro, inserito nel dipartimento di Scienze neurologiche dell’Università di Milano e diretto dal professor Nereo Bresolin, si articola in una serie di laboratori. Beneficia del 5 per mille ma è sostenuto in gran parte dall’attività di fund raising dell’associazione Amici del Centro Dino Ferrari, presieduta da sei anni da Marialuisa Trussardi: «Ho sempre seguito l’attività del centro - ci ha detto - e sono stata onorata e commossa quando mi è stato proposto di guidare l’associazione. Mi è sembrato giusto anche per andare avanti con il lavoro di mio marito, che fra i fondatori l’aveva sostenuta. Sono contenta di farlo. E sento come un dovere dare qualcosa agli altri».
Presidente onorario è Piero Ferrari. «Il nostri ricercatori - dicono dall’associazione - con altri istituti “gemellati” hanno contribuito in modo significativo a compiere passi nella direzione di reali soluzioni terapeutiche, anche se i risultati conseguiti non bastano a farci dire che abbiamo vinto».

Ecco, per sferrare l’ultimo attacco alle malattie, la trasferta in Canada, paese col quale peraltro il gemellaggio scientifico è già incardinato attraverso il centro, fra l’Università di Milano e il Brain Research center della University of British Columbia di Vancouver.

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