Va continuamente in giro per il mondo, conteso - «a costo zero», come tiene a ribadire - da istituzioni politiche e università, per spiegare la sua «rivoluzione pensionistica», già applicata integralmente e con ottimi risultati in ventitrè Paesi diversi del mondo. Ma per lui, José Piñera - ex ministro cileno, in questi giorni a Genova, invitato dal capogruppo di Forza Italia in Regione, Luigi Morgillo, e dal consigliere Franco Orsi - la sfida più esaltante e difficile sarebbe quella di «salvare dalla bancarotta dello Stato sociale la previdenza italiana, diffondendo il verbo del sistema cosiddetto a capitalizzazione, in grado di sostituire lattuale, deleterio, sistema a ripartizione». Il modello-Piñera, liberista senza esasperazioni, rimette al centro le persone e le famiglie nella gestione dei loro risparmi, come sottolinea anche Carlo Stagnaro, direttore dell«Istituto Bruno Leoni» che cura in Italia la pubblicazione dei testi di Pinera e lorganizzazione dei suoi incontri con la comunità culturale e politica. Collaudato nel Cile degli anni Ottanta, Paese sullorlo della bancarotta «con uninfinità di privilegi particolari e soffocato da elevatissime imposte sui salari», il sistema pensionistico studiato dalleconomista sudamericano, amico di Antonio Martino e Giancarlo Pagliarini, si basava, in particolare, sullistituzione di un fondo pensionistico individuale e privato su cui ciascun lavoratore versava le imposte relative al suo salario. Da qui, attraverso ladattamento della proposta a ciascuna realtà nazionale, ma mantenendo i principi originari, Piñera fa partire la sua ricetta, «in grado - precisa, con unimmagine efficace - di cambiare la rotta del sistema-Titanic, ora diretta inevitabilmente allo scontro con liceberg». Gli spazi di manovra, anche in Italia, ci sono tutti - conclude Piñera, che ha affidato le sue più recenti riflessioni alle pagine del volume Pensioni: una riforma per sopravvivere -.
Basta solo ragionare sul fatto che linvecchiamento della popolazione e il progressivo calo demografico non consentono altre soluzioni efficaci. Si può rallentare, è vero, la rotta del Titanic, non fermarla. Ma allora, a pagarne pesantemente le conseguenze, sarebbero le giovani generazioni».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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